Una seduta di 23 minuti | E l’Ars non approva una legge

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23 Ottobre 2013, 19:50

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PALERMO – Una seduta d’Aula da “fast food”, quella di ieri. Quarantacinque minuti. Il tempo di masticare una mozione del deputato Lantieri, di verificare che tutti gli altri “piatti del giorno” fossero terminati, e sciogliere le fila. Tutti a casa. L’Ars ha finito il suo lavoro. La seduta precedente, quella di mercoledì scorso, è durata ancora di meno. Ventisei minuti. Anche in questo caso, chiacchiere. Poco più.

Ma oggi, incredibilmente, il parlamento è riuscito a fare di meglio. Ventitrè minuti. Che, escluso l’intervallo tra il “primo ed il secondo tempo” diventano 19 e 22 secondi. Poco più del “lavaggio rapido” di un’utilitaria. Diciannove minuti. Coperti, per la stragrande maggioranza, con la lettura della seduta precedente. Una decina di minuti, appunto, per riassumere il pomeriggio di ieri, durato pochi minuti di più.

È tutta qui l’immagine di una Sicilia al palo. Ferma. Incapace non solo di risolvere i problemi, ma persino di affrontarli. E le responsabilità sono varie e diversificate. Oggi la seduta è servita solo per votare la composizione della prima commissione. Quella degli Affari istituzionali, decapitata e poi dissolta insieme alle polemiche piovute sul presidente Forzese. Un voto che ha obbligato, quantomeno, i deputati a essere presenti. Per mettere ai voti la (ri)nascita della commissione, infatti, serviva la presenza di almeno 41 deputati. Un numero non così scontato, nelle sedute precedenti, quando, in un paio di casi almeno, il presidente di turno si è visto costretto sospendere l’Aula a cuasa del desolante vuoto di Sala d’Ercole.

Ma oggi, come detto, quantomeno i deputati c’erano in gran numero. Così come ieri. Secondo i parlamentari, però, l’andamento lento di Sala d’Ercole non sarebbe dettato solo dalla loro volontà. “Ieri – ammette il vicepresidente dell’Assemblera Salvo Pogliese – abbiamo esaurito tutti i punti all’ordine del giorno. Non restava che sciogliere la seduta”. Tutti i punti. Cioè uno. La mozione del deputato Lantieri. E l’incapacità del parlamento di produrre, ha finito per tradursi proprio nell’abuso al ricorso a questo strumento. La mozione. “Il deputato – spiega Vincenzo Vinciullo – ha, tra i propri compiti, quello dell’attività ispettiva, oltre a quella legislativa. Ma quest’ultima, ormai è ridotta al minimo. Non ci resta che l’altra”.

E in effetti, l’Ars non è che abbia sfornato questo gran numero di leggi, finora. A quasi un anno esatto dall’inizio della legislatura, infatti, quelle approvate sono appena tredici. E in questo numero, comprendiamo anche, ovviamente, oltre a bilancio e Finanziaria (leggi che bisogna approvare “per forza” e comunque varate con grande ritardo, all’ultimo giorno utile), l’esercizio provvisorio (necessario proprio a causa dei ritardi sull’approvazione del bilancio), un paio di proroghe di precari (che in molti casi consistevano nell’applicazione di norme nazionali), le norme “transitorie” per gli Ato idrici e per le Province (ma in quest’ultimo caso, la “vera” legge è ancora tutta da fare), e infine le “epocali” leggi sui rifiuti e sulla “doppia preferenza di genere”. Insomma, a far due conti, l’Ars, esclusi bilancio, finanziaria ed esercizio in dodicesimi, ha approvato la bellezza di una decina di disegni di legge. La metà dei quali “provvisori”.

E non c’è da essere particolarmente ottimisti per l’immediato futuro. Il parlamento, infatti, non discuterà alcun disegno di legge per almeno un’altra settimana. Già, perché la prossima seduta è stata convocato per martedì prossimo. Ma quel giorno è già stata calendarizzata la mozione di sfiducia al presidente Crocetta. In quella giornata, secondo regolamente, non può essere posto all’ordine del giorno nessun altro tema. “Mi pare normale – scherza qualche deputato – come facciamo a calendarizzare disegni di legge se c’è il rischio che l’Ars si sciolga già la settimana prossima”. Ma l’Ars, non si scioglierà.

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E nel frattempo, il “contatore” delle spese per gli stipendi continua a correre. Quella complessiva per le busta paga dei deputati regionali, tra indennità, diaria, spese per i portaborse e rimborsi vari, ammonta, per il 2013, a 20,4 milioni l’anno. Circa 1,7 milioni di euro al mese. A questi, poi, vanno aggiunti, come detto, le indennità del governo-fantasma. Per gli assessori tecnici, sono circa 17mila euro lordi al mese. Ai quali va aggiunto lo stipendio del governatore Crocetta (più alto di circa 1.500 euro), e finito al centro delle polemiche anche di recente, con l’accusa di Beppe Grillo di aver mentito sulla riduzione della propria indennità. Insomma, la giunta, spesso assente a Sala d’Ercole, costa più di 200 mila euro al mese. Insomma, le (in)attività di Parlamento e governo, quindi, costano ai siciliani qualcosa come 2 milioni di euro al mese. Ventiquattro milioni l’anno. Quest’anno. Nel quale, come detto, le leggi approvate sono state poco più di una dozzina.

Persino durante il primo anno del governo Lombardo, e di una legislatura ricordata non certo per la sua prolificità, giusto per scegliere un’unità di misura, si riuscì a fare molto di più. Furono 28 i disegni di legge traformati in legge, durante quei dodici mesi.

Il motivo dello stallo di oggi? A sentire qualche deputato di lunghissimo corso, intanto, si tratterebbe di una situazione “mai vista prima. Ma senza alternativa”. Il problema originario starebbe alla base. Il governo, infatti, in Finanziaria non ha previsto un euro per i cosiddetti Fondi globali. Si tratta, in pratica, di quel capitolo di bilancio che serve come “bacino” per la copertura finanziaria delle leggi “dispendiose”. Insomma, non c’è un soldo per “coprire” gli interventi di legge che determinano un costo.

Nel frattempo, all’Ars non è giunto nemmeno il bilancio, mentre avrebbero fatto capolino solo oggi le variazioni al bilancio dell’anno scorso. Niente soldi, insomma, niente leggi. Ma non solo. Perché alcuni ddl potrebbero essere approvati anche senza copertura finanziaria. Si tratta, ad esempio, di quelli “istituzionali”, che intervengono accelerando gli iter burocratici, o ridisegnando la macchina amministrativa, o le cosiddette “leggi voto”, che, sostanzialmente, non fanno che demandare al parlamento nazionale l’approvazione definitiva dopo una doppia lettura. A cominciare da quella con la quale la Sicilia “ripudia la mafia” anche nel suo Statuto. Intenzione assolutamente nobile, e condivisibile, per carità. E arenatasi di fronte alle guerre incrociate che hanno portato allo scioglimento della commissione affari istituzionali. Quella, insomma, che dovrebbe esprimere il parere su alcune di queste norme.

Ma intanto, i siciliani chiedono riforme. Leggi sul lavoro. Norme che sblocchino imprese, fondi, che diano ossigeno a un’Isola ferma. Rappresentata alla perfezione dal suo parlamento. Fermo anche quello. Al palo. Mentre persino esponenti della maggioranza ammettono, a bassa voce: “Qui noi litighiamo, e il governo non è in grado di portare nesuna legge in Assemblea”. “Anche per questo motivo – commentava oggi il capogruppo del Movimento cinque stelle Giancarlo Cancelleri – abbiamo chiesto a gran forza la mozione di sfiducia al presidente Crocetta”. Fissata per martedì, come detto. Una seduta che probabilmente è destinata a durare ben più dei venti minuti di oggi. Ma anche in quel caso, il parlamento non produrrà nulla. Se non nuove liti. Mentre la Sicilia attende. E affonda.

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23 Ottobre 2013, 19:50

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