29 Ottobre 2014, 15:50
4 min di lettura
PALERMO – “Non ci riconosciamo in questo governo”. Sono in cinque. Ma non vogliono definirsi “dissidenti”. Non sarebbero loro, infatti, i deputati che non hanno “rispettato i patti”. Patti che erano chiari, alla vigilia dei colloqui decisivi per la nuova giunta: due assessorati, con la conferma di Reale all’Agricoltura.
E invece, è saltato tutto. Ed è saltato in aria anche il gruppo di Articolo 4. Una scissione che è anche, in un certo senso, generazionale ed è guidata da uno dei più giovani deputati all’Ars, il capogruppo Luca Sammartino. Con lui, pronti a “rompere” dopo la scelta di piazzare in giunta Nino Caleca, anche Valeria Sudano, Alice Anselmo, Pippo Nicotra e Paolo Ruggirello.
“Il Movimento Articolo 4 – scrive in una nota Luca Sammartino nella qualità di Presidente del Movimento – non è rappresentato nel nuovo governo della Regione siciliana. Anche il presidente Crocetta – continua Sammartino – ne è perfettamente cosciente e lo conferma un passaggio della sua nota nella quale ricorda come l’assessore designato non sia stato concordato ufficialmente con Articolo 4″.
“L’unico documento prodotto all’unanimità, – si legge sempre nella nota – e dunque firmato da tutti gli 11 deputati di Articolo 4 ed indirizzato al Presidente della Regione recita, fra l’altro: ‘Ti rappresentiamo come, anche in ragione della consistenza del contributo politico da noi lealmente apportato alla maggioranza di governo costituisca una richiesta imprescindibile l’ottenimento di una più forte rappresentanza affiancando alla delega all’agricoltura una ulteriore nostra presenza in seno alla costituenda giunta’. Contestiamo fortemente – dicono i cinque deputati – non il nome ma il metodo con il quale è maturata la scelta dell’assessore designato, pur ritenendo Nino Caleca persona di alto spessore e profilo. Non intendiamo discutere di poltrone ma di rappresentanza politica. Il resto appartiene ad un vecchio modo di pensare e di agire che rifiutiamo. Al presidente della Regione – concludono – chiediamo di fare chiarezza di fronte ai siciliani, unico vero riferimento della nostra azione politica e parlamentare”.
Il problema non è il nome, quindi. Né la persona. Nulla contro Nino Caleca, insomma. Ma ai “giovani” di Articolo 4 (e ai loro meno giovani compagni di strappo) non sarebbero andate giù le modalità con cui si è giunti alla formazione del governo. L’ultimo documento più o meno “ufficiale”, fa sapere il capogruppo Sammartino, era quello del gruppo parlamentare, col quale si chiedevano a Crocetta, appunto, i due assessori. Prima della soluzione voluta, pare, da Lino Leanza, sostenuto da altri deputati come Cascio, Lantieri e Currenti. La scissione, appunto.
Una (quasi) scissione, però, che aveva in qualche modo trovato già spazio nel comunicato ufficiale col quale il presidente della Regione annunciava la nuova giunta: “Entra pure – scrive Crocetta – una personalità quale l’avvocato Nino Caleca, non concordato ufficialmente con Articolo 4 ma molto vicino al movimento, essendo stata posta dal gruppo la pregiudiziale di due assessori tra i quali l’avvocato Reale all’Agricolura”.
Ma adesso i ribelli di Articolo 4 che faranno? Intanto, si definiscono fuori dalla maggioranza. Che non significa esattamente “essere all’opposizione”. Così, probabilmente, per un po’ staranno per conto loro, prima di testare i possibili dialoghi con altri pezzi di maggioranza. Lo stesso Sammartino, ad esempio, non ha mai fatto mistero degli ottimi rapporti con Beppe Lumia. Ma è difficile, oggi, pensare a un transito dei cinque al Megafono. E complicato sembra anche quello che per qualcuno (lo stesso Sammartino, Nicotra) sarebbe un ritorno alla casa madre dell’Udc. Nei giorni scorsi, invece, qualche “sintonia” sembrava essere stata registrate sull’asse col Pdr di Totò Cardinale. Una sintonia in qualche caso anche di natura generazionale con i vari Picciolo, Tamajo, Cimino e Lo Giudice. Tutti deputati “under 50”. Perché ormai pare chiaro che, se scissione sarà, sarà anche una scissione anagrafica.
Nel movimento, ormai, Leanza e il gruppo dei “catanesi” (così li chiamano i “lealisti” del movimento) erano già arrivati ai ferri corti da tempo. Quello della scelta dell’assessore è stato più un casus belli, ma i rapporti apparivano già consumati. Tanto da spingere il leader a varcare ieri il Rubicone, dopo due giorni di discussioni interne, e assumere una decisione. Optando per Nino Caleca, avvocato penalista palermitano di chiara fama. Non esattamente un tecnico esperto d’agricoltura, hanno obiettato gli oppositori interni di Leanza. Che però ha risposto facendo notare che anche l’uscente Reale era un avvocato e che anche l’attinenza tra l’Energia e la Sanità e la magistratura non è esattamente immediata. In realtà, la questione del nome ha rappresentato solo l’occasione per una separazione che era nell’aria da tempo, in un gruppo fin troppo eterogeneo, formatosi su una stratificazione di cambi di partito.
Lo scenario della possibile scissione, raccontano, non sembra scuotere troppo Leanza, a cui resterebbe un gruppo da almeno sei deputati. Lo zoccolo duro degli oppositori interni è formato dal trittico catanese Sammartino-Sudano-Nicotra, ma dalle parti del Liotru, Leanza conterebbe di avere le spalle abbastanza larghe in termini di consenso per reggere la separazione. Nelle altre province, Articolo 4 manterrebbe pressocché intatte le sue truppe, tranne forse nel Trapanese di Paolo Ruggirello. E la mossa di piazzare in giunta Caleca punterebbe proprio a puntellare il consenso su Palermo, strategico per un movimento che intende ancora pesarsi a livello regionale. Anche se con qualche “giovane” e qualche “catanese” in meno.
Pubblicato il
29 Ottobre 2014, 15:50