Asse fra mafia e ‘ndrangheta| Così i clan si riorganizzano

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08 Aprile 2017, 06:00

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PALERMO – Il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho, è arrivato in città due giorni fa. Un incontro riservato con il capo della Procura palermitana, Francesco Lo Voi. Sul contenuto del colloquio si possono solo fare delle ipotesi.

Di certo ci sono in ballo delicate indagini che riguardano i clan mafiosi e le ‘ndrine. Alle coperture calabresi si è più volte fatto riferimento nella ricerca del latitante Matteo Messina Denaro. Da quando è scaduto l’incarico del procuratore aggiunto Teresa Principato, e in attesa della nomina del suo successore – il Csm non ha ancora deciso i nomi dei quattro nuovi aggiunti – Lo Voi programma un cambio di passo. L’incontro con Cafiero De Raho potrebbe essere un segnale della nuova strategia. Le ricerche del latitante in più occasioni hanno fatto tappa in Calabria. Per ultimo, come ha raccontato Livesicilia nei giorni scorsi, è stato un pentito che ha ricostruito la presenza dei boss calabresi in Piemonte a riferire degli interventi di chirurgia plastica a cui si sarebbe sottoposto il padrino trapanese. Se da un lato la Procura palermitana non ritiene credibili queste ricostruzioni, dall’altro non molla le piste calabresi.

L’asse tra mafia e ‘ndrangheta è tornato di grande attualità anche nei traffici di droga. Fino a oggi tempo fa i clan calabresi e, in secondo piano, quelli campani hanno fatto la voce grossa, stringendo accordi con i cartelli sudamericani. La ‘ndrangheta fa giungere la droga in Italia attraverso i porti di Rotterdam, Anversa e Gioia Tauro. Ed è in Calabria che intervengono i siciliani comprando la cocaina a 35-40 mila euro mila euro al chilo. Un chilo di polvere bianca messo in mano ai pusher che invadono la città di Palermo frutta 250 mila euro. Da 80 centesimi al chilo – pagati ai coltivatori delle foglie di coca nelle foreste colombiane – a 250 mila euro: ecco spiegato, con la forza dei numeri, il grande business della droga.

Sono mesi che corrieri partiti dalla Calabria vengono arrestati mentre trasportano la droga in macchina verso Palermo. E poi c’è stato il grande sequestro del marzo scorso: 110 chili di cocaina stipata in un container a Salerno. Il grande regista dell’operazione sarebbe Antonino Lupo, fratello del boss di Brancaccio, Cesare. Non è ancora chiaro chi sia stato il finanziatore dell’affare. Gli investigatori sono certi che in città circolino grosse somme di denaro con la copertura di insospettabili imprenditori. A muovere i fili, però, sarebbero personaggi che contano nello scacchiere mafioso. Gente riuscita ad affrancarsi dalla dipendenza dei calabresi, gli unici fino ad ora ad avere i milioni di euro in contanti che servono per trattare con i narcos. Le cose sono cambiate, I calabresi avrebbero stretto un patto alla pari con alcuni boss palermitani. E così si registrerebbero strani movimenti in una città che si è ripopolata di pezzi grossi scarcerati dopo avere scontato lunghe condanne.

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08 Aprile 2017, 06:00

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