18 Dicembre 2020, 17:16
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PALERMO – Giuseppe Costa, arrestato stamani a Custonaci, è tornato libero il 3 febbraio 2017 e il successivo 16 marzo marzo era già presente a un summit di mafia. Chi c’erano? I fratelli Francesco e Pietro Virga, boss trapanesi, figli dell’ergastolano Vincenzo.
I vent’anni trascorsi in carcere per il rapimento e l’uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo non hanno spezzato il legame. Pietro Virga si è occupato sempre delle necessità di Costa, attingendo alla cassa dell’associazione mafiosa.
Ci sono due esempi temporalmente distanti a confermarlo. Il 4 settembre 1998 Pietro Rozzisi diceva Virga di avere annotato un prelevamento dalla cassa. Tre milioni di lire che servivano per “Peppe Costa”. Molto più di recente l’8 settembre 2017 Francesco Virga e Francesco Paolo Peralta discutevano del rapporto epistolare che Costa intratteneva con Virga tramite Paolo Magro. Nelle lettere dal carcere Virga veniva chiamato Gerardo.
L’8 settembre 2017 fu un giorno importante per Virga, oggi 53 anni. Festeggiarono tutti insieme l’addio al celibato di Costa. Rientrando a casa Pietro Virga raccontava a Peralta che Paolo Magro “a questo Peppe in 20 anni non l’ha lasciato mai, a sua madre prese pure i biglietti lui faceva” per raggiungere il carcere nei giorni dei colloqui.
L’indagine denominata Scrigno del 2019 ha fatto emergere un asse fra le famiglie mafiose di Trapani e Marsala. I fratelli Virga si sarebbero fatti aiutare da Franco Orlando e da Francesco Paolo Peralta a Trapani mentre il punto di riferimento a Marsala sarebbe stato Giuseppe Piccione, figlio dell’uomo d’onore Michele Piccione condannato all’ergastolo per omicidio e associazione mafiosa.
Di incontri gli agenti della Dia e i carabinieri di Trapani, coordinati dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Calogero Ferarra e Gianluca De Leo, ne hanno monitorati parecchi. Si discuteva spesso degli interessi economici nello smaltimento di inerti. In particolare quelli dell’isola di Favignana.
Oppure si parlava di olio. Pietro Virga raccontava al fratello di avere informato Costa: “…. ti dico vedi che io poi in base al discorso là dove stiamo andando, ho dovuto dirglielo il discorso dell’oleificio hai capito?“.
Il giorno dell’addio al celibato i fratelli Virga e Costa si appartarono. Quest’ultimo aveva dei contrasti con una persone talmente tesi da ritenere opportuno usare una pistola. Virga aveva però una soluzione meno pesante: “Ci buttiamo quattro bidoni di nafta, questo inverno gli accendiamo un colpo, ancora”.
Costa sarebbe stato la longa manus mafiosa sulla Barone srl, che produce calcestruzzo a San Vito Lo Capo, un tempo di proprietà di Salvatore Barone, oggi deceduto e condannato per mafia nel 2000.
Costa si dava un gran da fare per piazzare il calcestruzzo in altre imprese. Così come si impegnò per riscuotere al pregiudicato mafioso Nino Buzzitta un credito di mille e 800 euro maturato prima del suo arresto da una vendita di bestiame.
Costa aveva incaricato un suo amico allevatore che doveva discuterne con il debitore, tale Fabrizio: “… hai capito, amminazzalo (minaccialo)… glieli dobbiamo fare dare… tu cerca di essere credibile”. Ed era stato convincente a giudicare dalle parole successivamente intercettate: “… lui ha detto che glieli darà a poco a poco… mi ha detto te li devo dare a te… a chi li dai dai dai dai basta che li dai”.
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18 Dicembre 2020, 17:16