Assegno di mantenimento, |assolto papà “ritardatario”

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02 Luglio 2012, 21:00

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Assolto dalla Cassazione “perché il fatto non costituisce reato” un papà separato siciliano che per alcuni mesi aveva pagato con ritardo i 300 euro di mantenimento alla ex moglie per le necessità del figlio minore. L’uomo, Pietro Paolo A. (38 anni), aveva sempre pagato quanto stabilito dai giudici per il mantenimento del figlio cercando di versare la somma entro il mese di riferimento. Tuttavia, durante un periodo di difficoltà economica, aveva pagato in maniera irregolare gli importi dal novembre del 2005 al febbraio del 2006. In particolare Pietro Paolo, il 14 febbraio 2006, aveva versato 600 euro per i mesi di novembre e dicembre del 2005, e il 28 marzo del 2006 aveva versato altri 600 euro per i mesi di gennaio e febbraio del 2006. Tutto tramite vaglia postale. Questi ritardi però avevano fatto scattare la denuncia da parte della ex moglie, impiegata al Comune di Nicosia (Enna), e il processo era andato avanti anche dopo che la ex moglie aveva ritirato la querela per il presunto danno nei confronti del figlio minore. Ma la Suprema Corte – con la sentenza 25596 – ha cancellato la condanna per il padre ‘ritardatario’ bacchettando la Corte d’Appello di Caltanissetta che aveva affermato che “il ritardo del versamento integra comunque” il reato di “sottrazione agli obblighi di assistenza famigliare”.

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In proposito la Cassazione ha rilevato che il reato in questione non si realizza con “qualsiasi forma di inadempimento” ed inoltre ci deve essere anche una volontà dolosa di non adempiere agli obblighi. Dunque, per arrivare alla condanna, “si deve trattare di inadempimento serio e sufficientemente protratto (o destinato a protrarsi) per un tempo tale da incidere apprezzabilmente sulla disponibilità dei mezzi di sussistenza che il soggetto obbligato deve fornire”. “Quindi il reato – prosegue la Cassazione – non scatta automaticamente con l’inadempimento ai sensi delle leggi civili e, sebbene la violazione possa conseguire anche al ritardo, il giudice penale dovrà valutarne la ‘gravita” e, quindi, l’attitudine oggettiva a integrare la condizione che la norma è tesa ad evitare”. In pratica essendo stati “brevi” i ritardi contestati a Pietro Paolo, la Cassazione ha ritenuto di poter “ragionevolmente”ritenere che si sia trattato solo di un momentaneo problema economico per il quale il padre separato non merita la condanna penale.

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02 Luglio 2012, 21:00

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