15 Aprile 2021, 12:26
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Le domande sono tante, le risposte ancora poche, ma il dolore non ferma la sete di verità dei familiari di Cinzia Pennino, la docente di scienze morta a 44 anni due settimane dopo avere ricevuto la prima dose del vaccino AstraZeneca. Martedì, con l’assistenza degli avvocati Raffaella Geraci e Alessandro Palmigiano, i parenti della professoressa del Don Bosco Ranchibile di Palermo hanno depositato un esposto e un’istanza di accesso all’Aifa (per conoscere le determinazioni sulla distribuzione del suddetto vaccino) e all’Azienda Sanitaria Provinciale (per conoscere le procedure mediche seguite e le terapie seguite a partire dalla fase della somministrazione del vaccino AstraZeneca fino al momento del decesso). I legali intendono verificare se ci siano profili di responsabilità ma anche criticità legate al consenso informato.
Ma soprattutto, i familiari vogliono capire perché la loro Cinzia era stata in un primo tempo (il 7 marzo) rimandata indietro e poi invece vaccinata da un secondo medico (4 giorni dopo) che non si è posto gli stessi problemi del primo. La professoressa Pennino, come tutto il personale dalla scuola, era stata inserita con priorità nel piano vaccinale strategico e, considerate le sue perfette condizioni di salute, dopo avere prenotato tramite il portale riservato al corpo insegnanti, si era presentata alla Fiera del Mediterraneo il 7 marzo 2021. Tuttavia il medico al quale era stata assegnata, pur non riscontrando patologie pregresse, in quell’occasione ha deciso di non somministrarle il vaccino AstraZeneca (tipologia di vaccino prevista in ragione dell’età e dell’assenza di patologie rilevanti), probabilmente perché ha ritenuto che la professoressa fosse in sovrappeso, conclusione a cui è giunto tuttavia solo attraverso una visita a occhio nudo ma che ha portato l’operatore sanitario a decidere di non somministrare il vaccino AstraZeneca, né il Pfizer o un altro tipo di siero comunque riservato alle categorie dei soggetti fragili. Inoltre, sempre in quella sede, il medico ha deciso di non riprogrammare l’appuntamento.
Trascorso qualche giorno, Cinzia Pennino ha tentato una nuova prenotazione, stavolta attraverso il call center dedicato al personale scolastico, ottenendo un appuntamento per l’11 marzo. Quella mattina alla Fiera del Mediterraneo, Cinzia ha trovato un medico diverso che le ha somministrato AstraZeneca, senza sollevare questa volta alcun dubbio o incertezza legati al peso. Purtroppo già dall’indomani sono apparsi i primi sintomi: la professoressa ha iniziato ad accusare mal di testa e febbre seguiti, nei giorni successivi, da dolori addominali e vomito che anziché diminuire crescevano progressivamente.
Dopo avere chiesto un consiglio a una sua cara amica, che di professione fa il medico, il 23 marzo Cinzia Pennino si è presentata al Pronto Soccorso del Buccheri La Ferla, dove in seguito a una serie di esami (tra cui una Tac con mezzo di contrasto) è emersa una trombosi addominale in atto. Nonostante l’immediato trasferimento al reparto di Ematologia del Policlinico di Palermo, la situazione è peggiorata e la professoressa è stata intubata e posta sotto anestesia. Ma tutte le terapie si sono rivelate vane e il 28 marzo è stato comunicato il decesso alla famiglia.
Sulla vicenda il procuratore aggiunto Ennio Petrigni e il sostituto Giorgia Spiri hanno aperto un fascicolo. Secondo il parere dei familiari – riportato nell’esposto presentato con l’assistenza degli avvocati Raffaella Geraci e Alessandro Palmigiano – la professoressa Cinzia Pennino era in ottima salute fino alla data della somministrazione del vaccino AstraZeneca e risulterebbe, quindi, evidente un rapporto causa/effetto tra il vaccino e la trombosi mortale. Non è solo una questione di consenso, di terapie o di quali sono i casi in cui AstraZeneca non va somministrato: i familiari vogliono infatti vederci chiaro su tutta questa storia e capire come mai il primo medico si era astenuto dalla somministrazione e se la tragica morte poteva essere evitata
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15 Aprile 2021, 12:26