Gibilisco è tornato: | “Prima il Mondiale, poi Rio”

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29 Giugno 2013, 15:36

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MERSIN (TURCHIA) – Un anno fa era sul punto di smettere, ora Giuseppe Gibilisco – che ieri ha vinto la medaglia d’oro ai Giochi del Mediterraneo di Mersin (Turchia), saltando 5,70 – guarda ai Mondiali di Mosca con l’obiettivo di vincere una medaglia o almeno “di lottare per vincerla” e strizza l’occhio ai giochi olimpici di Rio de Janeiro 2016. Erano tre anni che Gibilisco non saltava la misura con la quale ha vinto a Mersin. “E’ stata una buona prestazione – dice il siciliano – è un buon inizio per tornare a saltare in alto. Ho una buona condizione, devo migliorarla ancora per presentarmi ai mondiali per cercare di dare il massimo. Non sarà facile prendere una medaglia, la concorrenza è agguerrita ma ci proverò. Quest’inverno ho rinunciato ad andare all’Europeo perché sapevo che non ero in condizione per poter lottare per una medaglia. Voglio andare al mondiale almeno per provarci e devo ancora spingere sull’acceleratore”.

A trentaquattro anni Gibilisco vive una seconda giovinezza agonistica. “Cosa è cambiato? Dopo l’europeo di Barcellona 2010 ho cambiato allenatore e non mi sono trovato bene. Poi mi sono infortunato, mi è mancata la continuità. Ora sto meglio, non ho infortuni, quindi…”.

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Gibilisco non nasconde le sue incomprensioni con la passata gestione federale: “La vecchia gestione federale mi aveva fatto passare la voglia, non mi mettevano in condizione di fare bene, era difficile comunicare con loro, mi sono sentito abbandonato. Ho dovuto investire su me stesso. Qualsiasi cosa chiedessi la loro risposta era sempre picche. Se sto ancora qua è perché ho una grande passione. Forse non credevano in me, mi vedevano come un atleta finito. Io sapevo che potevo dare ancora qualcosa e non mi sono arreso”.

Mancano tre anni ai Giochi di Rio e Gibilisco non mette paletti: “Donato ha vinto il bronzo a Londra a 36 anni – dice – io ho 34 anni… Poi, noi saltatori con l’asta siamo un po’ avvantaggiati dall’attrezzo, se c’é simbiosi ti può portare in alto. Io ho due sogni, avere una Ferrari che penso rimarrà un sogno nel cassetto e chiudere la mia carriera al top. Appena sentirò che non riesco a dare, chiudo”. E Schwazer? “Dopo la mia vicissitudine (é stato implicato nell’inchiesta Oil for Drugs e assolto definitivamente dal Tas di Losanna nel 2008, ndr), quando sento parlare di doping non ascolto. Sono stato martellato come un appestato. Se non avessi avuto una grande passione avrei smesso. Schwazer mi è sempre sembrato un ragazzo molto preciso, inquadrato. Chissà cosa è scattato. La marcia è faticosa – sorride – andare fuori di testa è facile”.

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29 Giugno 2013, 15:36

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