Attilio Manca e l’ombra di ‘Binnu’ |Baldo scava sul caso irrisolto

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14 Febbraio 2017, 13:43

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Lorenzo Baldo

CATANIA – Fame di verità e giustizia. C’è soprattutto questo dietro il progetto editoriale di Lorenzo Baldo, autore del libro “La mafia ordina: suicidate Attilio Manca” (edito da Imprimatur). Il vicedirettore di Antimafia2000 ieri ha presentato la pubblicazione a Catania alla Cgil. Il giornalista mette in fila tutti gli elementi che si nascondono dietro la morte dell’urologo di Barcellona Pozzo di Gotto. Una morte che porta direttamente a Cosa nostra, massoneria e pezzi deviati dello Stato. Il caso nel 2004 viene frettolosamente chiuso come suicidio per overdose di eroina. “Una sciatteria giudiziaria”, così la definisce Baldo. Adesso c’è un’inchiesta della Procura di Roma che potrebbe fare chiarezza. Finalmente.

Ma per capire i contorni di quanto è successo bisogna fare un passo indietro. Un balzo di tredici anni per l’esattezza. E’ il 12 febbraio 2004 quando Attilio Manca viene trovato cadavere nel suo appartamento di via Monteverdi. E’ riverso seminudo sul piumone del letto. Sul pavimento una pozzanghera del suo sangue. L’autopsia stabilisce che la causa della morte è da ricondurre a un cocktail di alcolici, eroina e Diazepam. I segni dell’iniezione sono sul braccio sinistro. Ma Attilio (e tutti lo sapevano) era mancino. Un primo dato inequivocabile che però non fa cambiare pista alla Procura di Viterbo, che indaga solo sul mondo dei tossici e porta a processo la pusher che avrebbe venduto la dose “fatale”. Eppure la famiglia ha lottato contro una conclusione che faceva a pugni con la personalità di Attilio. Attilio un medico stimato. Attilio un uomo pieno di vita. Attilio che non aveva mai avuto segni di una dipendenza da sostanze stupefacenti.

C’è un punto oscuro nella vita professionale di Attilio Manca. Un punto oscuro che ha il nome di Bernardo Provenzano. Quel Binnu che dopo la cattura del capo dei capi Totò Riina è diventato il padrino di Cosa nostra siciliana. Nel 2003 l’urologo avrebbe assistito all’operazione alla prostata del capomafia a Marsiglia in Francia. Il medico di origini siciliane avrebbe inoltre visitato prima e dopo l’intervento il boss corleonese. Attilio avrebbe conosciuto “la rete istituzionale” che operava attorno a Bernardo Provenzano e andava fatto fuori. Un omicidio preventivo, insomma.

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In questi ultimi anni si sono susseguite le rivelazioni di diversi collaboratori di giustizia. Giuseppe Setola, ex killer dei casalesi, Stefano Lo Verso, Carmelo D’Amico e a sorpresa Giuseppe Campo che ha scritto all’avvocato Antonio Ingroia, uno dei legali della famiglia Manca. Dichiarazioni che portano nuove conferme sulle ipotesi di un connubio tra mafia e servizi deviati. Un intreccio che si imbriglia con il comportamento poco chiaro di Ugo Manca, cugino dell’urologo. Il parente che poche settimane prima della morte si fa operare da Attilio e poi parla dei suoi problemi di tossicodipendenza. “Ma chi si farebbe operare da un drogato?”, si chiede il vicedirettore di Antimafia2000.

Lorenzo Baldo ha trascorso una settimana a casa Manca. “Ho vissuto nella stanza di Attilio dove ho respirato e sentito la sua voglia di vivere”, racconta il giornalista. Il libro vuole alzare l’attenzione sulle profonde lacune della prima indagine della magistratura viterbese. Non sono stati ascoltati i colleghi dell’urologo, che parlano di un medico lucido e attento. Non c’erano segni di iniezioni sulle sue braccia. Lo ricorda perfettamente chi andava alle terme con Manca. “Sono stati ascoltati solo gli ex amici”, precisa l’autore. Oggi non c’è solo la voce della famiglia, ma anche quella di ex mafiosi che hanno deciso di vuotare il sacco. Dovere della magistratura è andare fino in fondo sulla morte di Attilio. E’ arrivato il tempo di un processo che porti sazietà alla fame di giustizia e verità.

 

 

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14 Febbraio 2017, 13:43

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