16 Marzo 2017, 11:22
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CATANIA – Riforma del processo penale: gli avvocati incrociano le braccia. Dal 20 al 24 marzo i penalisti italiani si asterranno dalle udienze e da ogni attività giudiziaria per esprimere il loro disappunto sulla scelta di porre la fiducia sul voto parlamentare inerente al disegno di legge sul processo penale e per alcune norme presenti all’interno del provvedimento. “La politica si accinge alla gravissima scelta di porre la fiducia sul voto parlamentare del ddl sul processo penale. Di fronte a tale dichiarata intenzione occorre ribadire come né il processo, né i diritti dei cittadini possono essere merce di scambio di alcuna contesa di potere, e tanto meno ostaggio di conflitti di natura elettorale, e appare altresì necessario scongiurare una gravissima compressione del dibattito democratico”, scrivono i rappresentanti dell’Unione delle Camere Penali Italiane.
Voto di fiducia a parte, ci sono diversi aspetti della riforma che non convincono i penalisti che manifesteranno a Roma il 22 marzo. Anche a Catania i penalisti incroceranno le braccia. Il presidente della Camera Penale di Catania, l’avvocato Enrico Trantino, spiega cosa non convince dell’impianto generale della riforma e i motivi dello sciopero. “Le ragioni sono determinate dal fatto che una modifica di questa portata non può passere dal voto di fiducia che imbriglia il confronto politico su temi che destano sicuramente attenzione”, argomenta Trantino. “Il pacchetto di riforme contiene norme che certamente raccolgono il nostro consenso, ma anche altre che non potranno mai essere condivise perché attentano a diritti costituzionali dell’imputato”, spiega il penalista.
Sono soprattutto due le note dolenti, individuate da Trantino, relative a prescrizione e processo a distanza. “L’interruzione dei termini di prescrizione dopo le sentenze di primo e secondo grado, quasi si volessero far pagare all’imputato i disservizi generati dal sistema e che sono l’unica causa della mancata definizione dei processi in tempi ragionevoli”. “Preoccupante è la partecipazione a distanza dell’imputato detenuto, il quale sarà costretto a vedere parlare di sé e alla narrazione di un fatto che lo coinvolge come protagonista, davanti a uno schermo e senza la concreta possibilità di un costante confronto con il suo difensore”, argomenta il penalista. “L’esiguità delle risorse finanziarie non può costituire una giustificazione per il sacrificio dei diritti di difesa e libertà”, chiosa il Presidente.
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16 Marzo 2017, 11:22