03 Maggio 2016, 06:12
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PALERMO – Alla già complicata vicenda giudiziaria si aggiunge un giallo. Il giallo del furto di una macchina fotografia rubata all’avvocato che, prima ancora di avere rapporti sessuali con la baby squillo, ne aveva fatto il soggetto della sua passione per la fotografia. Addirittura aveva allestito nel suo studio un set per gli scatti osé con Naomi, così era conosciuta la sedicenne, in abiti succinti e lingerie. Poi, sarebbe diventato un cliente abituale della minorenne.
Si tratta dello stesso studio in una strada del centro città dove qualcuno è entrato per portare via la macchina fotografia. Un furto, avvenuto mesi prima che esplodesse lo scandalo, che desta sospetti. Il legale lo ha regolarmente denunciato e ne ha parlato durante l’interrogatorio reso davanti al pubblico ministero e ai poliziotti della sezione reati contro i minorenni della Squadra mobile. Ed è probabilmente alla luce dell’episodio che si giustificano alcune domande poste dal giudice per le indagini preliminari Lorenzo Matassa a Dario Nicolicchia, l’uomo arrestato con l’accusa di avere sfruttato la ragazza facendola prostituire. A differenza del racconto della ragazza considerato genuino e attendibile, quello dell’indagato viene bollato come lacunoso e omissivo.
Ripetuti sono stati i riferimenti all’abitudine, sua e non solo, di fotografare la minorenne e i clienti in atteggiamenti intimi. C’era forse l’intento di trasformare le foto in un’arma di ricatto? Ed è in questo contesto che si innesta il giallo del furto. Chi ha rubato la macchina fotografica ha voluto fare sparire delle prove? Le foto erano conservate nella memoria della macchina oppure sono state scaricate in un computer?
Di computer ha parlato sempre il legale, raccontando “di avere avuto il numero (della ragazza, ndr) da parte del titolare di un sexy shop”, che gli avrebbe mostrato le foto di Naomi. Nel corso dell’interrogatorio di Nicolicchia il pubblico ministero Claudio Camilleri ha fatto riferimento ad un album fotografico dei clienti. Si è riservato, però, di mostrarlo all’indagato in una fase successiva, “con un album che auspica la Procura potere formare in maniera più completa ed esaustiva”. Forse “esaustivo” non lo sarà mai. Potrebbero mancare all’appello, infatti, gli scatti della macchina rubata nello studio del legale.
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03 Maggio 2016, 06:12