Aziende vitivinicole sotto estorsione |Incastrato il boss dei Brunetto

di

17 Ottobre 2016, 05:00

2 min di lettura

CATANIA. Saranno i titolari delle aziende vitivinicole dell’area pedemontana, vittime di estorsioni, minacce ed intimidazioni, i primi a salire sul banco dei testimoni davanti ai giudici della prima sezione penale del tribunale di Catania, presieduta da Roberto Passalacqua. Alla sbarra il giarrese Carmelo Olivieri, considerato dagli inquirenti il reggente del clan Brunetto, dopo la scomparsa del boss Paolo Brunetto, e poi Emilio Aramis, Giuseppe Calandrino, Salvatore Del Popolo, Gaetano e Giuseppe Lo Monaco, Salvatore Pagano, Alfio Papotto e Luca Daniele Zappalà, accusati a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione e associazione finalizzata al traffico di droga.

Concluse le questioni preliminari e in attesa della trascrizione delle intercettazioni, come richiesto dal pubblico ministero Alessandro La Rosa, si entrerà nel vivo del processo con la testimonianza degli imprenditori delle aziende produttrici delle migliori etichette di vino dell’area etnea. Secondo la Procura di Catania le richieste estorsive oscillavano tra i 1000 ed i 12mila euro annuali. Non meno pressanti le richieste di assunzione di personale indicato dai referenti del clan, il cosiddetto fenomeno della “guardiania”. 

Articoli Correlati

L’INDAGINE. È un summit tra presunti affiliati al clan Brunetto, svoltosi a Giarre nell’aprile del 2013, a dare il via all’inchiesta, condotta dai carabinieri della Compagnia di Randazzo, sfociata nell’operazione denominata “Santa Barbara”. Il nome è quello di una via del comune di Castiglione di Sicilia, dove risiedono buona parte degli arrestati. I militari di Randazzo giungono a Giarre seguendo le tracce di Vincenzo Lomonaco, referente, secondo l’accusa, del clan Brunetto per l’area pedemontana.

Presente a quell’incontro anche Carmelo Olivieri, indicato dagli inquirenti quale nuovo reggente del clan operante principalmente tra Giarre e Fiumefreddo di Sicilia. Pizzo e droga gli affari principali della ramificazione del gruppo, in azione nell’area di Castiglione di Sicilia, dove si trovano tra le più grandi aziende vitivinicole della Sicilia Orientale. Erano proprio loro le principali vittime delle minacce ed intimidazioni del clan. Fiorente anche il traffico di stupefacenti, tra le principali fonti di guadagno del clan.

Pubblicato il

17 Ottobre 2016, 05:00

Condividi sui social