23 Marzo 2014, 07:24
4 min di lettura
Le vicende che sempre più spesso interessano ragazze poco più che adolescenti implicate in ampi giri di prostituzione offrono ai moralisti l’opportunità di dar sfogo al loro talento nell’intonare la consueta filippica contro mariti fedifraghi e ragazze dissolute, avide, disposte a vendere quanto di più intimo e prezioso; contro genitori assenti o distratti, pessimi modelli da emulare oppure, in situazioni estreme, addirittura conniventi. Come in una commedia all’italiana, a ciascun protagonista è prontamente riservato un ruolo cui accompagnare appellativi maliziosamente allusivi. E’ difficile sfuggire alla tentazione di biasimare, se non addirittura compatire, azzimati uomini di mezza età incapaci di resistere al richiamo priapesco dei più abietti istinti.
Pur di godere di qualche fugace momento di piacere, reso più perverso dalla differenza di età e da tutto ciò che sul piano dell’immaginario erotico ne consegue, approfittano della condizione di fragilità propria di chi si immagina incapace di cogliere le conseguenze delle proprie scelte. Riducendo la complessità della vicenda ad un gioco morboso, ci è permesso, pertanto, di tenere a prudente distanza le opportune riflessioni su malesseri ben più profondi che attraversano inosservati una coscienza sempre più pigra ed indifferente. Dietro gli aspetti più sordidi in cui appare facile individuare vittime e carnefici, vi sono le storie di chi, a qualunque età, si ritrova assolutamente impreparato a vivere il proprio tempo.
Intrappolati in un personaggio egodistonico irrimediabilmente lontano dall’immagine che si ha di sé; incapaci di indirizzare e, addirittura, di assecondare le varie fasi della vita ne restano ossessionati a tal punto da cercare ogni occasione utile per sfuggirne. Ed ecco coloro che suggestivamente sono state definite “baby squillo” apparire, invece, come ragazze in fuga disperata da un’adolescenza in cui spesso tanto, o troppo, è stato concesso fino a svuotare il senso dell’attesa, del tempo che è misura di ogni cosa, della maturazione e del raggiungimento di una sempre maggiore consapevolezza di sé. L’incapacità di affrontare pazientemente i percorsi della vita verso traguardi sempre più importanti ed ambiziosi, le proietta verso un futuro che non è più una meta ma una semplice fuga dal presente.
Modelli imperanti cui omologarsi fino ad annullarsi; stereotipi femminili mai come oggi a tinte così eroticamente accentuate; l’aspetto da curare per l’outift perfetto; somigliare e somigliarsi salvo poi non riconoscersi. L’immagine diviene la promessa di una sostanza sempre più impalpabile e le trasforma in figurine da offrire a chi si limita a farne collezione, perché non c’è più nulla da scoprire: tutto è ostentato e banalizzato. Non serve il pensiero né la parola quando il proprio corpo diviene unico passepartout per la considerazione altrui e ad un’acerba consapevolezza di sé si accompagna l’adagio secondo il quale “le cose che si leggono negli occhi dei maschi sono il termometro del potenziale di una donna”. E tanto basta. Riscoprirsi incapaci di sognare genera la fretta e l’ossessione di fuggire lontano da un tempo cui non si appartiene ed il bisogno di prendere le distanze da tutto ciò che inizialmente, tramite l’omologazione, ha rappresentato una corazza alla propria insicurezza salvo poi trasformarsi in una gabbia.
Scappare per tornare ad esistere e ritrovarsi con le macerie della propria vita tra le dita ed un corpo da offrire a chi è disposto a pagarne il prezzo per godere del surrogato di sogni ormai svaniti. Uomini incapaci di accettare la propria immagine, i primi duri bilanci, le frustrazioni e le delusioni, le aspettative troppo alte e troppo a lungo coltivate, divengono protagonisti di un dramma interiore in cui tanto più ci si disprezza, tanto più si ha bisogno di rigenerarsi attraverso emozioni cui non si è ancora capaci di rinunciare. Diviene insopprimibile l’esigenza di sfuggire a ciò che apparentemente limita, che sopisce i desideri, l’audace sensazione di scoprire nuovi limiti, di superarli per sentirsi ancora una volta vivi quando non è più possibile trovare appagamento in ciò che è la normalità. Ci si incontra in uno spazio ed in un tempo in cui non c’è abuso poiché nulla è concesso all’emozione dell’intesa mentale, alla passione di due corpi che si attraggono, al piacere che il sesso può regalare anche senza amore.
Si rinuncia anche alla malizia ed al gioco che accompagna il corteggiamento, basta il piacere tanto più travolgente quanto più consapevolmente proibito e tutto assume le forme di un rituale che accompagna l’incontro con chi vive un’altra dolorosa forma di insoddisfazione. Non rimane che la voglia di consumare e consumarsi in uno spazio dove c’è posto solo per lo scambio della reciproca solitudine.
Pubblicato il
23 Marzo 2014, 07:24