Il santo e l’inchino a lady Riina | Storia di una verità impossibile

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06 Giugno 2016, 19:44

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PALERMO – Qualcuno avrebbe visto Ninetta Bagarella affacciata al balcone, ma forse non c’era. La tempesta mediatica è passata, ma la schiarita che servirebbe non c’è. E forse mai ci sarà.

Lo sanno pure i magistrati di Palermo che hanno per le mani l’informativa sulla processione dello scandalo. Magistrati che, a dire il vero, da un punto di vista strettamente penale, non sanno neppure cosa farsene dell’informativa. Non per sfiducia nelle forze dell’ordine e neppure perché prendono sotto gamba quanto sarebbe avvenuto a Corleone. Se da un lato, infatti, non si può mica contestare il reato di concorso esterno in processione mafiosa, dall’altro, se si vuole combattere Cosa nostra, non bisogna sottovalutare – dicono gli investigatori – i segnali che il territorio offre. Se davvero la vara del santo si fosse fermata sotto casa dei Riina allora sarebbe un fatto grave. La venerazione religiosa piegata ad una sacralità tutta profana dove il rispetto per le gerarchie mafiose conta più della fede. Roba dalla fortissima connotazione sociologica che nulla ha che fare con il codice penale, ma che non per questo merita disattenzione.

Il ‘casus belli’ è la processione organizzata martedì da una confraternita religiosa. La statua di San Giovanni Evangelista viene portata a spalla per le strade del paese. È previsto da programma che passi anche da via Scorsone, dove vive Ninetta Bagarella, la moglie di Totò Riina. Lungo la piccola strada il simulacro fa due soste, queste sì non previste, a breve distanza l’una dall’altra, nei pressi dell’abitazione del capo dei capi. In mezzo alla folla del corteo religioso ci sono quattro rappresentanti delle forze dell’ordine, fra carabinieri e poliziotti. Uno di loro ritiene di avere visto donna Ninetta affacciata al balcone e collega la presenza della donna – in assoluta buona fede, per carità – alla sosta della processione. La stessa certezza non hanno gli altri uomini in divisa. Non sono convinti che ci fosse donna Ninetta. Di certo c’è che lasciano il corteo e annotano l’episodio, seppure dubbioso, in un’informativa che viene trasmessa ai magistrati.

La notizia finisce su Repubblica prima e poi su tutti i giornali, nazionali e locali. Si parla con certezza dell’inchino durante la processione. Si parla di una Ninetta Bagarella non solo presente, ma pure soddisfatta e sorridente assieme alle sorelle Matilde e Manuela. “È stata una fermata casuale”, si difendono dalla confraternita che tra le proprie fila annovera un cugino, di secondo grado e incensurato, dei Riina.

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Nonostante la smentita, la macchina è ormai lanciata. Nessuno può immaginare che alla fine della storia non ci sarà certezza neppure della presenza della Bagarella. Fioccano le reazioni indignate di esponenti politici, alti rappresentanti della Chiesa siciliana annunciano l’apertura di un’inchiesta e infiamma la polemica sui social network. Perché nella mafia del nuovo millennio i Riina non stanno in silenzio, ma scrivono raffiche di post su Facebook, attaccando a testa bassa. Maria Concetta Riina, figlia del padrino, e il marito Toni Ciavarello non le mandano a dire. Così come molti cittadini di Corleone indignati.

Non è tenero neppure il sindaco del paese, Lea Savona, che parla di una “strumentalizzazione mediatica” che finisce per danneggiare l’immagine del paese. E lei a fare crollare la certezza delle certezze: “Ninetta Bagarella, il giorno della processione incriminata, non era a Corleone”. Si trovava a Padova, dove vive il figlio Salvuccio, quello della tempestosa intervista a Porta a Porta, dopo aver fatto visita a Parma al marito detenuto.

E siamo al dubbio iniziale. Qualcuno avrebbe visto Ninetta Bagarella affacciata al balcone, ma forse non c’era. “Se è così c’è un grave problema deontologico”, twitta il presidente dell’ordine nazionale dei giornalisti Enzo Iacopino. Ormai poco importa. E poi, se davvero donna Ninetta non era in casa, reggerebbe, comunque, il valore simbolico di una sosta non programmata davanti alla sua abitazione. Vallo a capire, però, se quella sosta sia stata un segno di riverenza oppure frutto del caso che ci ha messo del suo in una piccola e affollata strada di paese. Praticamente impossibile. Troppi condizionali, troppi dubbi nonostante si fosse partiti, con la buona fede di tutti, da quella che sembrava una certezza dai granitici ingredienti: una processione, la moglie del padrino al balcone e l’inchino di San Giovanni Evangelista.

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06 Giugno 2016, 19:44

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