PALERMO – Tutti condannati, un solo assolto e alcuni sconti di pena. Si chiude il processo di appello per un grosso giro di droga a Bagheria gestito dai boss di Cosa Nostra.
Gli imputati e le pene
“Io sono uno di quelli che ha fatto la storia”, diceva Massimiliano Ficano, per il quale la quarta sezione presieduto da Vittorio Anannia, ha confermato la condanna a 20 anni di carcere. Stessa pena confermata per Onofrio Catalano.
La pena di Giuseppe Cannata scende invece da 20 anni a 17 anni e mezzo. Gli altri condannati sono Salvatore D’Acquisto (difeso dall’avvocato Giovanni Mannino, ha avuto un considerevole sconto di pena – da 19 anni e 4 mesi a 11 anni – perché è caduta l’accusa che fosse il capo e promotore dell’organizzazione), Bartolomeo Scaduto (da 13 anni e 8 mesi a 12 anni), Nicolò Mistritta (5 anni confermati per estorsione aggravata).
L’unico assolto è Giuseppe Sansone, difeso dall’avvocato Enrico Sanseverino, che in primo grado era stato condannato a 8 anni e 4 mesi.
L’appoggio degli ergastolani
Secondo la ricostruzione della Procura, che ha retto anche in secondo grado, Ficano godeva “dell’appoggio dei cristiani” (ascolta le intercettazioni, ndr) , e cioè degli ergastolani, per divenire il nuovo capo della famiglia mafiosa di Bagheria. Si sentiva il depositario della tradizione “corleonese”.
Mafia e violenza
Il vuoto di potere lasciato da una lunga stagione di arresti avrebbe portato Ficano al vertice, dopo avere finito di scontare una condanna per mafia. Il blitz dei carabinieri nel settembre 2021 avrebbe evitato un omicidio. Un uomo, nonostante gli “avvertimenti”, aveva continuato a sfidare i vertici mafiosi.
Ubriaco e spesso intemperante si era permesso di sfidare pubblicamente il capomafia. La reazione per l’affronto subito non tardò. Ficano avrebbe incaricato alcuni affiliati di picchiarlo. Un violento pestaggio che provocò alla vittima un trauma cranico e la frattura della mano.
Nonostante l’aggressione l’uomo avrebbe tuttavia continuato a sfidare il nuovi boss di Bagheria armandosi con una accetta e dicendo in giro di essere intenzionato a dare fuoco a un locale inaugurato dallo stesso Ficano. Il boss voleva vendicarsi. “Lo scanniamo come un vitello”, disse. I carabinieri decisero di intervenire.

