Bimba minacciata con la pistola | “Pum, pum, l’ho visto sparare”

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10 Gennaio 2018, 06:04

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PALERMO – “Lui e suo cugino… gli hanno puntato la pistola in testa alla bambina… volevano sparare alla bambina in testa, hanno sparato alla televisione gli hanno distrutto una casa…perché è buono che Gaetano è stato fango… che queste cose nell’amicizia non si fanno perché hanno ragione… ma noi l’abbiamo discusso sempre… ha un anno che lo sappiamo cioè le cose le hanno fatto in due… sono stati tutti e due senza dignità”.

È la trascrizione di un’intercettazione. Una di quelle che hanno consentito ai poliziotti della Squadra mobile di Palermo di arrestare i presunti autori – per tutti vale il principio di non colpevolezza – della spedizione punitiva in un palazzone della periferia di Palermo. Una “vendetta d’onore”, dicono gli investigatori, che ha avuto per sfortunati protagonisti anche dei minorenni. C’è chi ha rischiato grosso e chi è stato testimone dell’agguato fallito al civico 56 di via Brigata Aosta. Una testimonianza che completa il lavoro degli investigatori che erano già arrivati all’individuazione dei tre fermati. Di sicuro fa emergere una situazione di degrado.

“Ho visto che faceva cosi con la pistola in mano… pum, pum, pum, pum”. Da una parte la follia degli adulti, dall’altra l’innocenza dei bambini. Perché c’è anche la voce di un bimbo piccolissimo nelle registrazioni dei poliziotti. Il fermo di Silvestro Sardina, 22 anni, del padre Francesco Paolo, di 43 anni, e del cugino Juzef, di 23, per il tentato omicidio di via Brigata Aosta consegna alle cronache lo spaccato di una Palermo violenta dove, all’interno di un palazzone occupato dagli abusivi, qualcuno decide di farsi giustizia da sé. Impugna una pistola e fa fuoco all’impazzata. Inizia una caccia all’uomo su e giù per le scale. Vuole difendere il suo onore di marito tradito. Semina il panico, ma viene coperto dall’omertà delle stesse vittime che probabilmente sognano la vendetta piuttosto che chiedere giustizia. Sul campo restano una dozzina di bossoli calibro no. Alcuni proiettili si sono conficcati alle pareti.

Per fortuna i bimbi scampano alle pallottole, ma non alla brutalità delle scene a cui sono costretti ad assistere. Finiscono per riversare i ricordi nei nastri magnetici con una normalità che fa più paura del piombo. Niente nomi e rapporti di parentela. Innanzitutto per evitare l’identificazione dei bambini. E poi perché è sulle frasi che bisogna concentrasi, lontano dalla morbosità.

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È un crescendo di follia. “Mi stava portando a morire a me… che se a posto di essere seduta qui, la bambina si trova seduta nel divano, me le lasciano distesa a terra”. I bambini si ritagliano, loro malgrado, un ruolo: “Se non era omissis… che mi ha detto chiudi la porta che sta sparando”. La conversazione fra adulti viene interrotta dalla voce di chi ha l’età per giocare con le bambole e le macchinine: “Io ho visto con la pistola in mano… gli ho spiegato la situazione e ho detto adesso ci vengono a sparare a noi, adesso ci vengono a sparare a noi… ho visto che faceva così con la pistola in mano… ha iniziato pum, pum, pum, pum… neanche il tempo che… era partito il colpo”.

La paura era che potesse scoppiare una faida familiare. Ecco perché il procuratore aggiunto Ennio Petrigni e il sostituto procuratore Enrico Bologna hanno chiesto il fermo dei tre indagati. Una paura che ancora una volta emerge dalle parole di un bambino. Ha sentito dire che qualcuno “deve ammazzare a tutti. Deve prendere… ha detto che gli deve bruciare la macchina a tutti”.

 

 

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10 Gennaio 2018, 06:04

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