Bancarotta fraudolenta per Cesame |Cinque richieste di rinvio a giudizio

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27 Marzo 2015, 05:02

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CATANIA- Ci sono cinque richieste di rinvio a giudizio per il fallimento della Cesame sul tavolo della magistratura. Gli indagati sono Luciano Monteleone, Antonino Santoro, Domenico Luciani, Lorenzo Coppola e Fabrizio Brigandì.

LE IPOTESI- Al centro delle indagini della magistratura coordinate dal procuratore Capo Giovanni Salvi e affidate al noto Pm Francesco Sturiale ci sono i passaggi che hanno portato la Cesame, colosso dei manufatti in ceramica, sul lastrico.

La magistratura ipotizza, a vario titolo, che gli indagati “sottraevano o comunque distruggevano, con lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, i libri e le altre scritture contabili della ditta, di fatto rendendo impossibile ricostruire il patrimonio e i movimenti di affari della società…distraevano e comunque occultavano beni strumentali in possesso della ditta tra cui i seguenti automezzi risultati intestati alla fallita, distraevano e comunque occultavano prodotti finiti e merci in giacenza per un valore non inferiore a 5.160mila euro come da bilancio 2008 no rinvenuti”.

Nel gennaio del 2004 il tribunale etneo dichiara l’apertura della procedura di amministrazione straordinaria “da attuarsi attraverso un programma di cessione aziendale che salvaguardi l’occupazione”.

Viene designato come amministratore straordinario Giovanni Fiori, che tenta, per oltre un anno, di risanare l’azienda, incontrando numerose difficoltà.

Nel 2005 Fiori propone alla Mit.Fin. Spa l’operazione di vendita della Cesame, la società si dichiara disponibile, subordinando la cessione all’accoglimento di un progetto industriale elaborato dalla Forex Srl. Per redigere questo progetto viene designato Antonino Santoro, che lo stesso anno presenta una proposta d’acquisto. Nella relazione inviata al ministero Giovanni Fiori allega il bilancio previsionale per il primo anno di esercizio, indicando una perdita di 1,6milioni di euro causata dal numero di lavoratori assunti.

Il 10 ottobre del 2005 in prefettura si raggiunge l’accordo tra società venditrice e acquirente, che accetta il trasferimento, nella new company, di 130 dipendenti.

Questo accordo, secondo la ricostruzione dell’avvocato Ivan Maravigna, “non prevedeva alcun onere per i 103 dipendenti in esubero di cui avrebbero dovuto farsi carico gli enti locali che fornivano rassicurazioni in tal senso”. Non a caso, l’accordo veniva sottoscritto dal Comune di Catania guidato da Umberto Scapagnini e dalla Provincia di Raffaele Lombardo, che “si impegnavano ad assorbire presso aziende partecipate o controllate eventuali esuberi provenienti dalla Cesame in liquidazione per un numero di 103 persone”.

La società acquirente si impegnava a prevedere un piano di investimenti da 3,8milioni di euro.

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Sotto la gestione Santoro viene costituita la holding Cesame Group, con la Cesame Trade Mark che si occupa dell’area ceramica/piastrelle, Cesame immobiliare, che gestiva il capannone, per il quale “si era interessato -ricostruisce Maravigna- il noto gruppo imprenditoriale di logistica Di Martino” e Cesame industriale, l’unità produttiva, all’acquisto della quale si era interessata una multinazionale turca.

Maravigna punta l’attenzione sulla “piena ostilità delle organizzazioni sindacali e dei singoli lavoratori ad ogni ipotesi di ristrutturazione aziendale”, che avrebbe “costretto Santoro a cedere ad altri soggetti locali tardivamente interessatisi, l’azienda”.

Nel 2006 la rottura con le organizzazioni sindacali è ufficiale e a quel punto, il fondo americano interessato all’investimento, si defila.

Maravigna ricorda che Santoro “ha ricevuto numerose minacce, e che l’ingresso a lui, in azienda, è stato inibito dal novembre 2006”.

Secondo il legale gli ammanchi in magazzino sarebbero “successivi” alla gestione Santoro, lo stesso sarebbe estraneo anche alle altre accuse. “Santoro -conclude Maravigna- è parte offesa di quanto accaduto con la Cesame”.

 

 

 

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27 Marzo 2015, 05:02

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