“Bancarotta fraudolenta” | A giudizio Angelo Niceta

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08 Giugno 2016, 16:06

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PALERMO – “Bancarotta fraudolenta”: con questa accusa il giudice per l’udienza preliminare Lorenzo Matassa ha rinviato a giudizio Angelo Niceta, rampollo di una famiglia palermitana di commercianti dell’abbigliamento, il cui patrimonio di circa 50 milioni è stato sequestrato per sospette collusioni con la mafia. Il padre Onofrio ha scelto il rito abbreviato.

“Voglio parlare, voglio liberarmi di un peso. L’altro ramo della famiglia mi ha lasciato sul lastrico con una manovra spregiudicata”: nei mesi scorsi Angelo Niceta ha puntato il dito contro i parenti con i quali da tempo non corre buon sangue. È diventato un testimone sotto protezione ed è stato pure convocato al processo sulla Trattativa Stato-mafia.

Davanti ai giudici ha rivelato che lo zio Mario era in affari con il boss di Brancaccio, Giuseppe Guttadauro. Furono i legami con Cosa nostra a convincere il padre di Angelo, Onofrio, a rompere con il fratello Mario. Angelo Niceta ha tirato in ballo i cugini Massimo, Piero e Olimpia che, dopo la morte del padre Mario, hanno ereditato il patrimonio finito sotto sequestro. “Negli anni ’90 – ha proseguito – mio cugino Piero mi disse che Bernardo Provenzano andava a trovare il padre Mario Niceta a Mondello”.

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Ed ancora ha riferito degli incontri che tra Vito Ciancimino e Provenzano negli anni ’90. “Sapevo che si erano visti – ha spiegato – in uno stabile della Parabancaria, in cui forse era socio anche Mario Niceta. Credo che utilizzassero gli uffici della Parabancaria in piazza unità d’Italia”. Infine, ha spiegato di essersi spontaneamente presentato dai pm per raccontare tutto quello che sapeva sugli affari della sua famiglia. Ha anche detto di avere subito minacce e di ritrovarsi, per avere rotto con il resto della sua famiglia, in condizione di povertà. “Non ho soldi – ha spiegato – mi muovo a piedi. Alcune persone mi danno una mano. Sono sotto la soglia della povertà”.

Per quanto riguarda l’ipotesi di bancarotta l’avvocato Francesca Russo, difensore di Niceta assieme ad Antonio Ingroia, spiega che “l’inconsistenza dell’accusa emergerà nella sede opportuna, il processo”.

 

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08 Giugno 2016, 16:06

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