30 Dicembre 2014, 16:12
5 min di lettura
CATANIA – Caos province. Oggi la Uil e Uil Fpl alzano i riflettori sulla riforma (mancata) delle Province e sugli effetti devastanti a livello occupazionale. Una manifestazione che però ha alzato l’attenzione sui molti “problemi aperti – ha detto il segretario provinciale Fortunato Parisi – che vive la città e la provincia”. “Attendiamo ancora delle risposte – ha affermato il sindacalista – ci sono una serie di vertenze aperte: la questione Acciaierie, Myrmex, St Microelectronic. E’ necessario un intervento immediato e in qualche modo risolutivo. La città sta soffrendo dal punto di vista occupazionale ed economico e siamo preoccupati – ha aggiunto – per la tenuta sociale”.
Il rischio (vero) è il collasso. Parisi poi torna sul patata bollente delle province: “Siamo convinti che da questa incertezza amministrativa bisogna uscire. La proroga ai commissari sicuramente non risolve il problema, perchè la proroga non da certezza ai lavoratori e ai precari e soprattutto all’indotto. La provincia offre servizi per quanto riguarda le scuole, le strade, la manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici che sono di pertinenza provinciale. Il Governo Regionale non si può limitare a delle enunciazioni. Annuncia la riforma delle province, la soppressione delle province ma poi lascia tutto per aria. Questo non funziona- conclude – così non possiamo andare avanti”.
Alla manifestazione ha preso parte il segretario generale della Uil Carmelo Barbagallo. Il sindacalista in una lunga intervista parla di fallimento della politica dell’austerity sponsorizzata dalla Cancelliera Merkel e della necessità (urgente) per l’Italia di cambiare pagina. Ironico il vertice della Uil quando invita Renzi ha cambiare ritmo, ma che non sia la “Ritmo rottama dalla Fiat”. E poi l’invito ai siciliani e ai catanesi: “Bisogna reagire” e per il 2015 la speranza di Barbagallo e che si smetta di “credere alle favole” che ci propinano. E’ tempo di fatti.
Segretario, c’è un lumicino in fondo a questo tunnel che si chiama crisi?
Anche se vedessi un lumicino non basterebbe, perchè qui ci vuole un faro per illuminare l’economia del Paese. La cosa che vado dicendo da un po’ di tempo dopo aver visto i risultati prima in Giappone e adesso negli Stati Uniti che invece di seguire le politiche di Austerity che la Merkel sta imponendo all’Europa bisognerebbe che il Governo andasse a fare uno stage da Obama e vedere come stampando dollari e facendo investimenti per l’innovazione tecnologica, per le infrastrutture e persino per la cultura ha portato gli Stati Uniti dalla recessione al 5,1% in più di Prodotto Interno Lordo.
Quindi?
Quindi bisogna cambiare verso come dice Renzi. Però sul serio. Non facendo finta di fare flessibilità europea, che non ci porta da nessuna parte.
Come vede questo braccio di ferro tra Renzi e Crocetta?
Mi interessa poco il braccio di ferro della politica. Mi interessa di più un braccio di ferro di un Paese che sta in recessione e un Paese che come dice lui vuole portare “ritmo” per portarlo in avanti. L’esempio forse è stato sbagliato perchè la Ritmo è una macchina rottamata dalla Fiat.
Parliamo di Sicilia. Abbiamo grandi risorse ma la svolta non arriva.
In questo Paese non utilizziamo neanche tutte le risorse europee. In Spagna c’è una zona dove hanno realizzato infrastrutture utilizzando i fondi che hanno recuperato dall’Italia che non li aveva spesi. Se poi guardiamo al Paese dove mediamente non si spende più del 50 – 60%, al Mezzogiorno ancora peggio. Abbiamo bisogno di infrastrutture, però non bastano solo i soldi europei. Quando noi diciamo di cambiare politica economica del Paese, e lo dice pure Visco, Governatore della Banca D’Italia, che non è iscritto al sindacato. Quest’anno più volte ha detto che bisogna fare investimenti pubblici e privati. Senza investimenti il Paese non si riprende, l’economia non riprende, l’occupazione non riprende. Non è per decreto che si fa occupazione, per decreto si può parlare solo di licenziamenti. E monetizzare licenziamenti come stanno tentando di fare non serve al Paese. L’Italia è a rischio di estinzione: 1,48 figli a coppia, siamo al di sotto della parità. E perchè i giovani non fanno figli? Per ansia del futuro. Non del posto fisso e del posto sicuro, ma del posto stabile. Bisogno dare stabilità del lavoro ai giovani e flessibilità in uscita per gli anziani.
Lei parla di ‘Riforma facile’, cosa intende?
153 mila leggi in Italia. Abbiamo il record mondiale. Il Paese più prolifero ha 30 mila leggi in Europa. Quindi questa riforma non costerebbe niente e inoltre si eliminerebbero tutti i contenziosi legali e giudiziari pendenti. In Italia il Parlamento fa le leggi, normalmente non le fa in italiano e dopo due minuti il burocrate di turno fa una circolare interpretativa che cambia la legge e da lavoro ai magistrati e agli avvocati.
La burocrazia è uno dei mali di questa terra.
E’ uno dei mali più determinanti. Perchè non è vero che l’articolo 18 impediva alle aziende di fare occupazione: se chiedete ad un imprenditore all’estero e chiede ma se io venissi in Italia entro quanto tempo mi fate realizzare un’impresa? In Italia fare un impresa è un’impresa.
2015, possiamo lanciare un segnale di positività?
Io voglio lanciare una sfida al Governo: vuole fare veramente il cambio di rotta? Vuole dare velocizzazione alla ripresa economica? Noi siamo disponibili. Tutto il sindacato europeo è contro la politica economica di austerità della Merkel e allora perchè Renzi nonostante ogni tanto dica di essere contrario continua a seguire questa impostazione? Noi siamo per fare una battaglia per cambiare la politica europea e quella italiana.
Viviamo all’ombra della Germania?
All’ombra? All’ombra ne dovremmo già avere gli effetti. Il problema è che siamo quasi alla sudditanza.
Ci vuole un atto di coraggio?
Si. E noi siamo disponibili.
Segretario non si parla troppo poco di Mezzogiorno a Roma. Sembra che la questione meridionale sia scomparsa dall’agenda del Governo.
Non è così. Perchè questo Governo ha utilizzato 3 miliardi e mezzo che erano destinati al Mezzogiorno per fare le incentivazioni e la decontribuzione alle imprese per favorire i licenziamenti.
Insomma, azioni negative per il Sud?
Si. Magari l’avessero cancellato il Mezzogiorno dall’agenda. Non si sarebbero presi i soldi almeno.
A questo territorio cosa vuole dire?
Bisogna reagire. Bisogna convincere l’opinione pubblica per convincere il governo a fare cose diverse.
Con quali mezzi?
Cercando di non farsi raccontare le storie e di non farsi fare il gioco delle tre carte, di cui sappiamo qualcosa.
Pubblicato il
30 Dicembre 2014, 16:12