Baro, pescatore, malato, giramondo| L'inafferrabile Messina Denaro - Live Sicilia

Baro, pescatore, malato, giramondo| L’inafferrabile Messina Denaro

Matteo Messina Denaro

Tutte le ipotesi fantasiose sul latitante trapanese

PALERMO – Qualcuno ci ha sperato, ma nessuno ci ha creduto veramente. Mica si poteva correre il rischio di bruciare la più remota delle possibilità di acciuffare il latitante. E così al centro neurolesi di Messina, pochi giorni fa, è scattata la procedura di emergenza per verificare se per caso il paziente in cura riabilitativa dopo un ictus fosse proprio l’imprendibile Matteo Messina Denaro. Qualcuno tra il personale sanitario si è fatto suggestionare dal luogo di nascita, Castelvetrano, dell’uomo di mezza età ricoverato.

Il padrino Trapanese è in fuga dal 2 giugno 1993, quando fu raggiunto da un mandato di cattura per le stragi di Roma e Firenze. Ventisei anni di latitanza durante i quali gli investigatori solo in rarissime occasioni hanno creduto di avere imboccato la pista giusta per arrestarlo. Per il resto ad ingolfare le indagini si sono accumulate mille ipotesi plausibili. Per scartarle, tralasciando quelle inverosimili, si è dovuto lavorare sodo.

Magari spostandosi all’estero, fino a New York dove l’architetto agrigentino, e aspirante collaboratore di giustizia, Giuseppe Tuzzolino diceva di avere conservato un hard disk con le foto del latitante. La cassetta di sicurezza dell’appartamento di lusso indicato da Tuzzolino naturalmente era vuota. Un latitante guardingo che si si lasciava fotografare, come un qualsiasi turista, in Spagna, Jugoslavia e Svizzera. Un racconto poco credibile che arrivava, però, da un uomo come Tuzzolino che prima di venire bollato come inattendibile alcune cose vere le aveva riferite.

Tra le balle colossali sul conto del latitante ce n’è una che dimostra il fascino (?) che Messina Denaro continua ad esercitare. Calogero Giambalvo, ex consigliere comunale di Castelvetrano, mentre lo intercettavano sosteneva di avere incontrato Messina Denaro mentre andava a caccia. Si abbracciarono e piansero. Messo con le spalle al muro Giambalvo ammise che era stata una millanteria. Baldassare Di Gregorio, titolare di un’autofficina di Mazara del Vallo, considerato vicino al boss Vito Gondola, raccontava, anche lui senza sapere di essere intercettato, di avere giocato a carte con il latitante che faceva pure il furbo, utilizzando un mazzo truccato.

Nell’imbuto delle ricerche è arrivato di tutto. Anche molta, troppa spazzatura. Detenuti e pentiti hanno riferito, probabilmente nel tentativo di accreditarsi, degli anni che si era fatto operare al volto in Piemonte o in Val D’Aosta. Oppure che si era sottoposto ad un intervento alle corde vocali per cambiare voce.

E poi ci sono i viaggi di chi lo ha visto o incontrato in Austria, Svizzera, Grecia, Spagna e Tunisia. Un detenuto chiese di parlare con il direttore del carcere per raccontargli di essere “in possesso della possibilità di fare prendere il più grosso pesce che mezzo mondo cerca”. Raccontò di avere diviso la cella con un sudamericano che gli avrebbe confidato di essere in contatto con Messina Denaro. Sapeva, ad esempio, che il latitante nel ’95 si trovava in Guatemala, dove si sarebbe sottoposto ad un’operazione per cambiare le impronte digitali.

Successivamente, nel 2007, il padrino sarebbe divenuto proprietario di una flotta di barche che pescano in chissà quali mari del pianeta. Un vezzo che gli servirebbe per sentirsi vicino alla sua Mazara del Vallo. C’è chi lo ha visto seduto al tavolo di un ristorante irlandese. Chi passeggiare in un boulevard francese. Chi in una strada inglese. Altri giurano di averlo riconosciuto tra i passanti di un’affollata via nel Nord Italia. Matteo Messina Denaro è stato avvistato in mezzo mondo.


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