26 Settembre 2011, 14:52
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Un alt ai certificati considerati “inutili”. Ed è polemica sul ministro Brunetta. Per il Durc (Documento Unico di Regolarità Contributiva) e le certificazioni antimafia, nulla sarà più richiesto al cittadino e si dovrà procedere sempre all’acquisizione d’ufficio. E’ una delle misure contenute nel Dl Sviluppo, secondo quanto anticipato dal ministro della Pubblica amministrazione. Perché? “Una delle vitamine per la crescita è la semplificazione. Perché famiglie e imprese – spiega il ministro – devono fornire certificati alla Pubblica amministrazione che li ha già in casa? Basta Durc (documento unico di regolarità contributiva, è l’attestazione dell’assolvimento, da parte dell’impresa, degli obblighi legislativi e contrattuali nei confronti di Inps, Inail e Cassa Edile, ndr), basta certificati antimafia. Basta pacchi di certificati per partecipare ai concorsi”.
La replica del Pd
Una posizione che già solleva e solleverà una bufera di polemiche. “Il ministro Brunetta chiarisca esattamente che cosa intende dire quando parla dell’ipotesi di eliminare l’obbligo per le aziende di presentare il certificato antimafia. Di certo non potrà essere accettata una misura che rende più fragile il sistema di controllo dello Stato”, dice Emanuele Fiano, responsabile Sicurezza del Partito Democratico. Fiano rincara la dose: “Il ministro Brunetta, che fa parte di una maggioranza che ha governato in Italia per otto degli ultimi dieci anni, propone ora per lo sviluppo del Paese una semplificazione che rischia di indebolire i presidi antimafia di cui ci siamo dotati in questi anni. La penetrazione delle mafie in ogni tipo di gara o di appalto per opere pubbliche è un dato crescente ed è noto a tutti”.
Il procuratore Grasso
Scettico il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, citato da ‘Repubblica’: “Il ministro Brunetta è sempre molto originale – ha detto – stop ai certificati antimafia? Faccia una proposta di legge, la valuteremo… E’ stato da poco approvato il Codice antimafia – ha aggiunto Grasso – che tra l’altro disciplina in modo molto rigoroso tutta la certificazione antimafia. Se il ministro aveva qualche osservazione da fare poteva farla in sede di Consiglio dei ministri”.
La precisazione del portavoce
“Nei rapporti con la P.A., i certificati saranno completamente eliminati e sostituiti sempre dalle autocertificazioni, mentre le certificazioni rilasciate dalla P.A. resteranno valide solo nei rapporti tra privati”. Lo precisa in una nota Vittorio Pezzuto, portavoce del ministro Brunetta spiegando che non scompare la certificazione antimafia che potrà essere acquisita d’ufficio. Questa mattina il ministro Brunetta ha ricordato come presso il tavolo Semplificazione di Palazzo Vidoni, da lui istituito in vista delle prossime iniziative di governo a favore della crescita, “sia in corso di avanzata elaborazione una proposta normativa che, attraverso una serie di modifiche ‘chirurgiche’ al Testo unico sulla documentazione amministrativa del 2000, farà compiere un notevole salto di qualità nella regolamentazione dei rapporti della Pubblica Amministrazione con cittadini e imprese”. Il ministero per la Pubblica amministrazione spiega che “sui certificati da produrre ai soggetti privati sarà apposta, a pena di nullità, la dicitura: ‘Il presente certificato non puo’ essere prodotto agli organi della pubblica amministrazione o ai privati gestori di pubblici servizì. Alle amministrazioni e ai gestori di pubblici servizi verrà quindi lasciata solo la scelta fra acquisire d’ufficio le informazioni, i dati e documenti oppure accettare le autocertificazioni dei cittadini e delle imprese”.
Il ministro Brunetta ha precisato che “questo varrà innanzitutto per il Durc (Documento Unico di Regolarità Contributiva) e per le certificazioni antimafia: nulla sarà più richiesto al cittadino e si dovrà procedere sempre all’acquisizione d’ufficio”. “Preso dal sacro fuoco della banalità politica, il Partito Democratico – commenta il portavoce di Brunetta – non ha invece perso un solo minuto a riflettere su questa importante proposta di semplificazione, preferendo chiosare il tutto con l’abusato slogan ‘Meno legalita’ per tuttì. La certezza dei dati non diminuirà ma verrà semmai rafforzata: invece di chiedere al singolo imprenditore di fare il fattorino tra le amministrazioni, saranno infatti quest’ultime a procurarsi direttamente presso gli uffici competenti la documentazione richiesta”.
Maroni: “E’ indispensabile”
“La certificazione antimafia non può essere modificata perché è uno strumento indispensabile per combattere la criminalità organizzata e, in particolare per contrastare le infiltrazioni malavitose negli appalti pubblici”. Lo dichiara il ministro dell’Interno, Roberto Maroni.
Parla Messineo
Il certificato antimafia? “Una ‘complicazione’ inevitabile se si vuole precludere l’accesso a certe aree economiche a mafiosi o a collusi con la mafia “. Il procuratore di Palermo Francesco Messineo non ha dubbi: la certificazione antimafia, tornata d’attualità dopo le dichiarazioni del ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta, è “uno strumento di contrasto alla criminalità organizzata da cui non si può prescindere”. “Anzi – dice il capo dei pm del capoluogo siciliano – se ha un difetto è quello di non essere abbastanza efficace per arginare le infiltrazioni delle cosche nel mondo degli appalti e dei servizi pubblici”. “La semplificazione delle procedure amministrative – spiega Messineo – è un obiettivo da perseguire, ma la strada da percorrere non è certo l’eliminazione di un asse portante dell’ azione di contrasto alla criminalità organizzata”. Per Messineo, accertare che chi partecipa a gare pubbliche per l’assegnazioni di appalti o di forniture di servizi alla pubblica amministrazione non abbia legami con le cosche è “assolutamente necessario”. “E certo – dice – in questi ambiti non è possibile accontentarsi dell’autocertificazione”. “Casomai – fa notare il magistrato – il problema è un altro: attraverso l’istruttoria della Prefettura, che si avvale anche delle informazioni dell’autorità giudiziaria, è possibile scoprire se chi partecipa a gare pubbliche ha avuto una condanna per reati legati alla criminalità organizzata o è sottoposto a misure di prevenzione.
Ci sono casi, però, e sono quelli più insidiosi, in cui a infiltrarsi nei meccanismi delle assegnazioni pubbliche di appalti e servizi non sono direttamente i mafiosi, ma soggetti compiacenti o collusi che spesso sono anche incensurati”. E in questi casi cosa accade? “Questi – risponde il capo dei pm – sono i casi in cui la certificazione antimafia mostra tutti i suoi limiti perché la Procura, su richiesta, può sì, salvaguardando il segreto istruttorio, dare indicazioni alla Prefettura su possibili sospetti o inchieste in corso, ma gli elementi forniti dalla magistratura, coperti da segreto, non possono essere posti alla basa di un diniego del certificato che, come tutti i provvedimenti, deve essere motivato”. “Dovrebbe essere resa più stringente e il codice antimafia prevede delle innovazioni sul punto – spiega Messineo – perché anche certe forme di collusione vengano in qualche modo sanzionate con l’esclusione dall’area delle attività economiche legate al settore pubblico”. Quanto alla necessità di una semplificazione delle procedure amministrative il procuratore si dice “assolutamente concorde. Però – spiega – non a discapito della sicurezza. Ad esempio sarebbe bene eliminare tutti i tempi morti e le lungaggini che certi iter hanno. Insomma, piuttosto, agiamo sulla tempistica accelerandola”.
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