19 Luglio 2011, 10:30
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Il giorno della memoria, 19 anni dopo, si è trasformato come sempre nel momento dell’omaggio da parte delle istituzioni. Questa mattina, in via D’Amelio, è stato il presidente della Camera Gianfranco Fini a deporre una corona di fiori in ricordo del pomeriggio del 19 luglio 1992, quando il giudice Paolo Borsellino fu assassinato assieme a cinque agenti della scorta. Il primo ad arrivare, subito disponibile con i cronisti, è stato Italo Bocchino, vicepresidente di Fli: “Siamo qui per onorare Borsellino, un grandissimo magistrato che ha dato un contributo fondamentale per la lotta alla criminalità organizzata. Non era la metastasi della democrazia, come qualcuno afferma – continua Bocchino – ma al contrario era l’oncologo che ha cercato di curare il Paese dal cancro della criminalità”. Grande dispiegamento di forze dell’ordine, numerosi giornalisti e qualche curioso. I bambini delle scuole, accompagnati dagli animatori dei circoli Arci e Agesci, come ogni anno erano presenti. Le urla dei loro giochi hanno più volte rotto un silenzio a tratti irreale e i loro disegni hanno mitigato l’imbarazzo di molti adulti con lo sguardo perso nel vuoto, a fissare forse lo spettacolo triste di una strada sempre meno frequentata e assolata.
Quest’anno però non c’era il consueto autobus ad accompagnare i ragazzi. Hanno viaggiato sui pullman della polizia; l’Amat, seppur mortificata, non è stata in grado di garantire loro alcun servizio. Presente anche il popolo di Agende rosse, stretto attorno a Salvatore Borsellino, fratello minore di Paolo, critico come sempre sulla presenza istituzionale alla ricorrenza, che lui considera cerimonia in ricordo di “una strage di Stato”. La temuta (o attesa) contestazione alle istituzioni non è però avvenuta. Il presidente della Camera ha poggiato i fiori vicino al citofono al quale Paolo Borsellino ha parlato per l’ultima volta mentre “le agende rosse”, abbracciate ai loro striscioni, limitandosi alla commozione, hanno circondato l’albero d’ulivo piantato in ricordo del giudice scomparso. “Fini è stato l’unico ad avere il coraggio di venire qui e parlare con me – ha detto Salvatore Borsellino – le istituzioni devono lasciare lavorare tutti i magistrati coraggiosi che si impegnano per trovare la verità”. Poi ha chiarito a tutti il motivo per cui, come ogni anno, ci tiene a presenziare il ricordo del fratello in via D’Amelio: “Sono qui perché, a mio avviso ancora non è stata fatta giustizia. Siamo ancora lontani. Sarò qui fin quando potrò seppellire finalmente mio fratello; sarò qui finchè potrò piangerlo con il cuore sereno”. Nel pomeriggio, un minuto di silenzio ha ricordato l’ora esatta della strage.
Le parole della memoria. Il messaggio di Napolitano
La strage di via D’Amelio “rappresentò il culmine di una delle fasi più gravi e inquietanti della sanguinosa offensiva della criminalità organizzata contro le istituzioni democratiche. Con l’attentato di via D’Amelio si volle colpire sia un simbolo della causa della legalità che, con rigore e abnegazione, stava svolgendo indagini in grado di piegare le più agguerrite forme di delinquenza sia un uomo che, con il suo esempio di dedizione e la sua dirittura morale, stava mobilitando le migliori energie della società civile dando a esse crescente fiducia nello stato di diritto”.
E’ quanto scrive in un messaggio alla signora Agnese Borsellino – “nell’anniversario del vile e tragico attentato di mafia” – il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano ricordando la figura del giudice e i cinque giovani addetti alla sua tutela, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Cosina, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina. “A diciannove anni di distanza – scrive il Capo dello Stato – il sacrificio di Paolo Borsellino richiama la magistratura, le forze dell’ordine e le istituzioni tutte a intensificare – con armonia di intenti e spirito di effettiva collaborazione – l’azione di contrasto delle mafie e delle sue più insidiose forme di aggressione criminale. Quel sacrificio impegna inoltre le istituzioni e la collettività tutta a uno sforzo convinto e costante nell’opporsi – come dissi anche lo scorso anno – ‘ad atteggiamenti di collusione e indifferenza rispetto al fenomeno mafioso’ e alla sua pervasività. Con questo spirito e con l’auspicio che dalle nuove indagini in corso venga al più presto doverosa risposta all’anelito di verità e giustizia su quanto tragicamente accaduto – conclude Napolitano – rinnovo con animo commosso a lei, cara signora, ai suoi figli e ai famigliari degli agenti caduti, i sentimenti di gratitudine, vicinanza e solidarietà miei e dell’intero Paese”.
Il ricordo di Lucia Borsellino
“Non è mai troppo il tempo che passa perché queste ferite possano rimarginarsi. Vedere che il mondo non dimentica ci spinge ad andare avanti”. Lo ha detto Lucia Borsellino, figlia del magistrato ucciso in via D’Amelio 19 anni fa, a margine della giornata di studi ‘Paolo Borsellino, un siciliano eroe nazionale. Cultura della legalità e politiche giovanili’, organizzata dalla fondazione Buttitta e dalla Fondazione Tricoli in collaborazione con il Centro sperimentale di Cinematografia. “Il raggiungimento della verità sulla strage di via D’Amelio – ha aggiunto – farebbe bene all’umanità intera”. A Lucia Borsellino è stata consegnata dal presidente del Cerisdi, Elio Cardinale, una targa intitolata a Paolo Giaccone, il medico legale ucciso dalla mafia l’11 agosto del 1982. “E’ come se lassù i nostri padri si fossero coalizzati per starci più vicini” ha commentato Milly Giaccone, figlia del medico. “Ai giovani oggi vorrei dire che l’onestà e la competenza sono le armi migliori per vincere la mafia. Purtroppo il dolore della perdita non è quantificabile – ha aggiunto Giaccone – Spiace constatare che ancora oggi ci siano vittime della mafia non riconosciute dallo Stato, non è giusto, tutti abbiamo sofferto alla stessa maniera”. Durante l’iniziativa è stato proiettato il video ‘Falcone e Borsellino. Il coraggio della solitudine’. Il dvd sarà distribuito gratuitamente, da settembre, nelle scuole e negli istituti penitenziari di tutta Italia.
Fini: “I partiti facciano pulizia”
I partiti sono tenuti a svolgere un’opera di pulizia al loro interno. E’ il monito lanciato dal presidente della Camera, Gianfranco Fini, nell’intervento in memoria di Paolo Borsellino che si è svolto nell’aula magna del palazzo di giustizia di Palermo. “Nella battaglia contro la criminalità organizzata – ha detto Fini – quello politico è un fronte decisivo. E’ un fronte che passa sia per l’attività di governo e per quella legislativa sia per la forza di mobilitazione dell’opinione pubblica. Passa soprattutto per la capacità degli stessi partiti di fare pulizia al proprio interno eliminando ogni ambigua zona di contiguità con la criminalità e il malaffare”. “Questo significa innanzitutto – ha aggiunto – evitare di candidare persone sospette di vicinanza con la mafia e a maggior ragione di non elevarli a posti di responsabilità. Non è necessario aspettare sentenze definitive per prendere le decisioni che servono. Basta applicare principi di responsabilità politica e di etica pubblica”.
“Via gli inquisiti per mafia”
“Non si possono elevare a posti di responsabilità persone che siano inquisite”. E i partiti “evitino di candidare persone che siano sospette di vicinanza con la mafia e il malaffare”. Le parole di Gianfranco Fini hanno suscitato molta attenzione nell’aula magna del palazzo di giustizia dove si è ricordato Paolo Borsellino. Il presidente della Camera non ha voluto però chiarire se si riferisse a casi particolari. E ai giornalisti che lo hanno avvicinato ha risposto: “Ho detto nell’intervento tutto quello avevo da dire. Non C’é altro da aggiungere”.
Alfano: “L’esempio di Borsellino illumini i giovani”
“Gli straordinari successi dello Stato, che hanno colpito, con una strategia sistematica, le organizzazioni criminali presenti sul nostro territorio, sono il modo migliore per onorare il sacrificio di uomini come Paolo Borsellino e di celebrarne la memoria”. Lo afferma, in una nota, il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, in occasione del diciannovesimo anniversario della strage di via D’Amelio a Palermo nella quale persero la vita il magistrato siciliano e gli uomini della sua scorta. “Il messaggio di legalità e gli alti valori testimoniati dal magistrato Borsellino – prosegue il Guardasigilli – hanno rappresentato, negli anni e ancora oggi, un modello di riscatto e di nobile reazione al giogo mafioso, contribuendo così a rigenerare la coscienza dei tantissimi siciliani onesti, pronti a dare un contributo per il rilancio di questa splendida terra”. “L’esempio di Paolo Borsellino – conclude il ministro Alfano -, il suo impegno nella lotta alla mafia e il suo rispetto verso lo Stato e le Istituzioni sono un punto di riferimento stabile per le giovani generazioni. La sua figura è un solare esempio di magistrato che, con passione e discrezione, è stato la punta di diamante di una squadra concentrata su un unico comune obiettivo: la sconfitta delle attività criminali e la decapitazione verticistica degli apparati mafiosi e di ogni possibile collusione”.
Schifani: “Importante reazione dello Stato”
“Dopo il 1992 i continui risultati ottenuti da magistratura e forze dell’ordine sono la dimostrazione tangibile della prosecuzione incessante del lavoro di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, sulla scia da loro tracciata. La reazione dello Stato fu allora e rappresenta anche oggi la risposta più severa e decisa”. Lo ha detto Renato Schifani commemorando la figura di Borsellino nel XIX anniversario di via D’Amelio. Intervenendo in apertura di seduta il presidente del Senato ha sottolineato che “con le due stragi venivano eliminati due uomini che rappresentavano il simbolo della volontà di non arretrare di fronte al fenomeno mafioso; la volontà di riscatto e di combattere e di fare della Sicilia una terra libere da violenza, intimidazione e ricatto”.
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19 Luglio 2011, 10:30