“Basta con la gara | a chi è più antimafioso”

di

11 Settembre 2012, 08:04

5 min di lettura

PALERMO- “Vi prego, non parliamo più di antimafia in questa campagna elettorale. Agli aspiranti presidenti dico: dichiarate che non accetterete candidati indagati e che vi dimettereste in caso di rinvio a giudizio. E poi, per cortesia, parlate di programmi”. Parola di chi vuol minimizzare l’impatto della mafia sulla Sicilia? No, tutt’altro: parola di Giuseppe Todaro, che quattro anni fa ha denunciato il racket e da allora vive sotto scorta per aver fatto la scelta giusta. E che poi ha accettato di portare la bandiera dell’antimafia, anche se a lui questa definizione non piacerebbe: Todaro è il numero due dell’associazione anti-racket “Libero Futuro” e da qualche mese è anche vicepresidente con delega alla Legalità di Confindustria Palermo. “Ma no, non scriva che porto la bandiera – si schermisce lui -. Io non sono un eroe. Sono una persona normale. L’antimafia dev’essere la normalità”.
Eppure, nelle ultime campagne elettorali, di questa normalità si è parlato tanto. L’avevamo scritto prima delle Amministrative a Palermo, siamo tornati a scriverlo in questi giorni.
“Sì, si gioca a scegliere il più antimafioso del reame, a darsi i gradi: X è un generale dell’antimafia, Y un colonnello, Z un sergente. E invece bisognerebbe dire che dev’essere un prerequisito di tutti. È un tema scottante e io non vorrei passare per uno che minimizza. Mi passi quest’immagine: l’antimafia è come la beneficenza, se la si fa è perché ci si sente di doverla fare. Non è necessario andarlo a raccontare in giro”.
Però meglio un proclama esplicito che ignorare l’argomento, lasciarlo da parte.
“Io sono un imprenditore e ho una visione abbastanza concreta del mondo: forse è per questo che mi sembra che in questa campagna elettorale non si parli di contenuti. Si parla dell’antimafia, si parla delle alleanze, ma io vorrei sapere cosa faranno i candidati presidenti nei prossimi 5-10 anni. Io non vivo di appalti pubblici, non ho nessun interesse diretto, ma da imprenditore voglio sapere tre cose: chi sono gli assessori, chi sono i direttori generali, quali sono i programmi. Le medagliette non mi interessano. Anche perché sono dannose”.
Dannose?
“Per due aspetti. Il primo è istintivo: più sento proclamato l’impegno antimafia, più ho paura che resti solo sulla carta. L’altro, invece, è un rischio che riguarda il movimento, e ne parlo da vittima di mafia impegnata: la gente potrebbe pensare ‘lo fa solo per avere un tornaconto’. Attenzione: non voglio parlare di nessun candidato nello specifico. Però provo a farle un esempio”.
Facciamolo.
“L’imprenditore X denuncia, viene aiutato dalle associazioni antiracket, viene portato in banca e la sua azienda va avanti. Poi, però, la sua azienda ha un problema non legato alla legalità: va male per la crisi, perché è stata gestita male, insomma per un problema normale. A quel punto un politico decide di strumentalizzarlo e l’imprenditore si incatena davanti alla questura. Fa passare un messaggio: ‘È stato abbandondato da tutto e da tutti’. La gente pensa: ‘Non funziona niente, nemmeno l’antimafia’. Non è vero: quell’imprenditore, o meglio il politico che lo strumentalizza, ha solo deciso di appuntarsi una medaglietta per essere aiutato”.
Si riferisce a qualcuno in particolare?
“Niente nomi. Però gli altri, quelli che con fatica portiamo a denunciare, pensano: ‘Ora denuncio e poi mi dimenticano’. No: la vera antimafia è quella di tutti i giorni. Voglio vederli, quelli con la medaglietta: voglio vederli accanto a me a distribuire volantini nelle zone a rischio per convincere gli imprenditori a denunciare. E poi, per i politici, vale anche un principio: distrarre la gente, distogliere l’attenzione dai programmi favorisce la mafia. Perché la mafia si sconfigge con la buona politica”.
Ecco, parliamo di buona politica. Quali sono le priorità?
“La priorità numero uno è sburocratizzare la Sicilia. Penso ad esempio alle certificazioni antimafia: sono lente e, paradossalmente, favoriscono la mafia. Alla prefettura di Palermo lavorano giorno e notte, ma hanno un arretrato pazzesco: 9 mila pratiche sospese. La caccia alle streghe è pericolosa quanto l’oblio, così molte aziende per bene restano bloccate, in attesa di qualcosa”.
Sempre meglio che vedere un appalto assegnato a un mafioso.
“Sì, ma il risultato non è questo, perché molti sistemi funzionano col silenzio-assenso. E allora il mafioso, che sa che sarà beccato, ci prova e intesta l’azienda a un figlio o a un nipote, approfitta del silenzio-assenso e finché dura lavora. L’imprenditore onesto, invece, viene rallentato e alla lunga non riesce a restare a galla. E poi c’è la corruzione”.
Si spieghi meglio.
“Faccio un esempio: se per piantare un albero devo avere 12 autorizzazioni ho due scelte davanti a me: o non pianto l’albero o cerco qualcuno che mi dà una mano. E più sono le autorizzazioni da richiedere più è probabile che trovi un corrotto sulla mia strada. Non voglio dire che non bisogna fare controlli: dico che bisogna alleggerire questo sistema. In Sicilia ci sono opere bloccate per quattro miliardi”.
Dal quadro che sta dipingendo sembra che il fronte antimafia sia in crisi.
“No, anzi: il fenomeno è in grande crescita. La società civile ha creato la base del consenso, ma il passo successivo lo devono fare la politica e la Chiesa. Restiamo ai primi: non devono limitarsi a dire che sono antimafiosi”.
A proposito: come è stata vissuta nel fronte antimafia l’esperienza di governo di Raffaele Lombardo, che si è fatto affiancare da simboli della lotta all’illegalità come Beppe Lumia, Massimo Russo, Caterina Chinnici…
“Libero futuro e Addiopizzo hanno scritto una lettera sull’argomento: il secondo presidente consecutivo a giudizio per mafia provoca un danno d’immagine pazzesco. Per noi imprenditori che dobbiamo ‘vendere’ il marchio Sicilia fuori e perché si provoca una sfiducia nelle istituzioni. A proposito, mi lasci dire una cosa su questo argomento”.
Prego.
“A Palermo hanno denunciato 100 imprenditori e solo 4-5 sono finiti sotto scorta. Gli altri non devono aver paura, non devono pensare di essere stati abbandonati: le nostre forze dell’ordine sono preparatissime e sanno chi deve essere protetto. Anche perché, mi creda, vivere sotto scorta non è facile: quando questo periodo finirà andrò con mia moglie al ristorante a festeggiare”.
Lo capisco. Torniamo a Lombardo.
“Io credo che il problema più grave del governo Lombardo sia stato un altro: è stato il peggior governo che io ricordi”.
Ma non ha risposto alla mia domanda: come è stata vissuta la presenza al suo fianco di simboli dell’antimafia?
“Personalmente è stato terribile. Ho provato imbarazzo. La gente, appunto, pensa: lo fanno per un tornaconto o perché ci credono?”.
L’attaccheranno, lo sa?
“Io mi permetto di dire queste cose perché da 4 anni la mia vita è cambiata. Voglio insegnare ai miei figli che non devono accettare la vessazione dello zio Pino di turno. Solo questo. Senza medagliette”.

Articoli Correlati

Pubblicato il

11 Settembre 2012, 08:04

Condividi sui social