CATANIA – La Dda di Catania ha chiesto la confisca della villa di dieci vani sequestrata a Giovanni Piero Salvo. Boss del clan Cappello figlio di “Pippo u carruzzeri”. A lui, che ha precedenti per omicidio, rapina, estorsione, ricettazione e associazione mafiosa, la Polizia ha sequestrato una villa dal valore di mezzo milione di euro a Mascalucia.
Il patrimonio, che tecnicamente non gli appartiene direttamente ma a un congiunto, è stato ritenuto sproporzionato rispetto alla disponibilità economica finanziaria del terzo interessato. Dopo il sequestro, dunque, la Dda si è rivolta alla sezione Misure di prevenzione chiedendo la confisca.
La procedura per la confisca
Ma sarà battaglia. Perché da fonti vicine alla difesa di Salvo, che è assistito dall’avvocato Giorgio Antoci, trapela che ci si prepara a contestare il provvedimento sotto vari profili di possibile illegittimità. Si andrà in aula il prossimo 9 luglio.
Di Salvo, condannato all’ergastolo per la cosiddetta “strage di Catenanuova”, si è parlato parecchio negli ultimi mesi. Per via della sua singolare “dissociazione” dalla mafia, che gli è valsa l’ottenimento dei domiciliari.
La “dissociazione” dalla mafia
Salvo da tempo si è detto disponibile a raccontare ai giovani la sua esperienza e la sua vita. Il suo destino in qualche modo segnato dall’appartenenza a una famiglia mafiosa. Suo padre è stato per tanto tempo il “padrone”, mafiosamente parlando, del Villaggio Sant’Agata di Catania.
Salvo non si è mai pentito e non ha mai neppure collaborato con la giustizia. Ma la sua “rivisitazione critica” ha in qualche modo aperto uno squarcio nella rigida normativa penale relativa ai capimafia e alla loro rigida detenzione.
La lettera al presidente Di Bella
Salvo mesi fa scrisse al presidente del tribunale per i minorenni Roberto Di Bella, dicendo di non andare più fiero da tempo della “fama” che ha acquisito in questi anni. “Io ormai da molti anni mi sono allontanato da tutto e tutti, ho avuto la forza la costanza e coerenza e l’intelligenza di capire che era tutto sbagliato e tutto uno schifo, e così uscirmene da tutto, e adesso ne vado fiero e orgoglioso di questa scelta”, aveva scritto.
“Sto pagando ancora il mio conto con la giustizia – aggiunse – e va bene così (sono detenuto agli arresti domiciliari per grave malattia ), sto pagando anche attraverso le gravi patologie che mi affliggono e costringono a muovermi in una sedia a rotelle, ma non mi abbatto lo faccio proprio per la mia famiglia, mia moglie e i miei figli”.