Beni confiscati, Berretta: “Aggredire| rapporto tra mafia ed economia”

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01 Febbraio 2014, 18:38

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CATANIA – “Non è pensabile che la gente possa credere che con la mafia si lavora e con la legalità le imprese chiudono”. Nella frase pronunciata da Giuseppe Berretta, sottosegretario alla Giustizia, è insita una verità purtroppo ancora presente e pressante in questo lembo di terra di Sicilia, dove la criminalità organizzata è viva e si riproduce all’interno del tessuto economico, finanziario e istituzionale. E’ inutile mettere le teste nella sabbia: la realtà è questa, lo dicono le indagini della Procura, i processi e le minacce ai magistrati. Però la voglia di cambiare esiste e le battaglie contro le mafie lo Stato molte volte le ha vinte. La confisca dei beni e dei patrimoni accumulati con la droga, il malaffare, gli appalti pilotati e il sangue è il coltello per ferire il cuore della criminalità organizzata, perchè si svuota del potere finanziario che entra nel tunnel del riciclaggio. Oggi a Misterbianco Berretta ha partecipato ad un importante incontro dal titolo “Le aziende e i beni confiscati alla mafia sono patrimonio di tutti – Idee, proposte, progetti per rendere effettivo il riutilizzo sociale” organizzato dal Partito Democratico della città etnea e dai Giovani Democratici e ospitato nella sala conferenze dello Stabilimento Di Monaco.

C’è l’intenzione da parte del Governo di sburocratizzare l’iter di assegnazione dei beni?

La Presidenza del Consiglio ha presentato nei giorni scorsi uno studio che prevede numerose proposte, destinate a diventare provvedimenti nelle prossime settimane, che introdurranno misure volte ad aggredire i patrimoni della criminalità, incidendo sulle disponibilità economiche delle mafie, ma anche per una più efficace gestione e destinazione dei beni sottratti alle organizzazioni mafiose oltre a misure dirette ad ostacolare le infiltrazioni nell’economia legale. Si inciderà, inoltre, sui legami con le Istituzioni, verrà rafforzato l’apparato repressivo e migliorata l’efficienza del sistema processuale. Una più efficace gestione dei beni e dei patrimoni confiscati è un punto fondamentale per valorizzare questi beni, per trasformarli in risorse per la riaffermazione della legalità e per il rilancio economico di territori drammaticamente segnati dalla presenza criminale. Per questi motivi sono previsti un incremento della pianta organica dell’Agenzia Nazionale per i beni confiscati con soggetti dotati di specifiche professionalità di tipo tecnico e legale, il rafforzamento delle competenze dell’Agenzia, con la previsione che la stessa, da un lato svolga un monitoraggio continuo e sistematico sul riutilizzo dei beni confiscati, verificandone la coerenza con il relativo provvedimento di assegnazione, e dall’altro possa assegnare direttamente alle associazioni e organizzazioni contemplate dal Codice antimafia i beni immobili di cui risulti evidente la destinazione sociale.

E per quanto concerne le imprese come si intende agire per tutelare i lavoratori coinvolti? Riela è un esempio emblematico.

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E’ inaccettabile che si possa lasciare a qualcuno la possibilità di pensare che con la mafia si lavora mentre con la legalità le imprese chiudono. Si dovranno trovare strumenti per far fronte all’inevitabile aumento dei costi di gestione, dovuto al processo di legalizzazione dell’azienda e alla necessità, quindi, di far fronte al pagamento di oneri fiscali e contributivi, oltre che alla regolarizzazione dei rapporti di lavoro e alla applicazione della normativa del lavoro, senza pregiudicare la possibilità delle aziende di restare sul mercato. E’ allo studio anche la possibilità di introdurre, in via eccezionale, il riutilizzo sociale delle aziende, qualora ve ne siano le condizioni o se queste hanno un particolare valore simbolico nell’ambito del contrasto alla criminalità organizzata. Così come si sta valutando la possibilità di introdurre forme innovative di assegnazione “anticipata” dei beni, già nella fase del sequestro, con carattere provvisorio per quanto riguarda immobili e aziende. Si propone quindi una vendita anticipata delle aziende, già al momento della confisca di primo grado, accompagnata, però, da forme di garanzia per il soggetto titolare del bene, per l’ipotesi in cui la confisca non sia confermata in via definitiva nei successivi gradi di giudizio. Aggredire il rapporto criminalità-economia rappresenta un tassello fondamentale per una moderna ed efficace lotta alla mafia.

La sua relazione per l’anno giudiziario ha dedicato molto spazio alla lotta alla criminalità organizzata: l’istituto della Confisca è forse lo strumento di decapitazione più forte nei confronti della mafia, perché toglie potere finanziario ed economico. E’ quindi fondamentale far sentire la pressione dello stato in questo iter, purtroppo, molte volte troppo lento.

Le minacce al sostituto procuratore Nino Di Matteo e al procuratore aggiunto Maria Teresa Principato, sono la dimostrazione che grazie agli strumenti di legge le indagini degli uomini dello Stato colpiscono a fondo gli interessi economici dei mafiosi. Quando Pio La Torre ebbe l’intuizione che la confisca dei beni ai mafiosi rappresentasse uno strumento indispensabile nella lotta alla criminalità organizzata, aveva ben presente quanto dirompente sarebbe stato, dal punto di vista simbolico, sottrarre ai mafiosi i beni acquisiti attraverso la violenza e le illegalità. Ma anche quanto sarebbe stato importante inserire quelle ricchezze nel circuito della legalità e restituirle alle comunità colpite, danneggiate, fino alla desertificazione, dalla presenza della illegalità diffusa e dalla criminalità. Il 7 marzo 1996 la legge 109 sul riutilizzo sociale dei beni confiscati alle organizzazioni criminali entrava in vigore e segnava una svolta epocale nel contrasto alle mafie nel nostro Paese. Il 7 marzo 2014 quella legge diventa maggiorenne. Nel corso di questi anni centinaia di ettari di terreni, ville, appartamenti e altri beni immobili si sono trasformati in cooperative sociali, sedi di associazioni, comunità di accoglienza, centri culturali, caserme, scuole, grazie all’impegno di Istituzioni, Enti Locali e di una società civile responsabile. Il bilancio è certo positivo, anche se rimangono delle criticità. Non sempre è stato facile dare applicazione alla legge, che sul piano operativo ha scontato una serie di debolezze, ostacoli burocratici e ritardi. Ma tanto è stato comunque fatto. I prodotti a marchio “Libera Terra” arrivano nelle case e sulle tavole di moltissimi italiani. E sono oggi forse il simbolo più visibile della riscossa, di una svolta, nella lotta alle mafie che partì dai giovani e divenne patrimonio collettivo. Non è solo una legge: è uno straordinario strumento dal forte valore culturale, sociale ma soprattutto etico, anche per questo abbiamo il dovere di impegnarci per renderlo sempre più efficace e sostenere i percorsi di legalità che ha generato e continua a generare. E’ un impegno che deve coinvolgerci tutti, perché per sconfiggere la mafia è necessaria un’opera di repressione e di prevenzione di cui la confisca dei beni rappresenta un tassello fondamentale. Altrettanto importante è il movimento culturale e morale che deve coinvolgere specialmente le giovani generazioni. La lotta alla mafia è una battaglia che si può vincere se viene condotta non solo nelle aule giudiziarie.

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01 Febbraio 2014, 18:38

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