24 Giugno 2018, 13:02
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PALERMO – Niceta, Rappa e Cavallotti. Sono tre famiglie di imprenditori divenuti il simbolo della stagione giudiziaria segnata dalla radiazione di Silvana Saguto, l’ex presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo che dispose i sequestri.
Dopo anni sarà certamente l’ultima estate di attesa per Rappa e Niceta. Il loro processo è andato in decisione. Tempi più lunghi nel caso dei Cavallotti di Belmonte Mezzagno. Sembrava tutto pronto ed invece è arrivato un nuovo rinvio al 12 luglio dopo che il pm ha chiesto di acquisire una sentenza. Un rinvio con polemica perché, secondo Pietro e Vito Cavallotti, sarebbe l’ennesima perdita di tempo dopo che a loro è stata negata l’acquisizione di alcuni documenti.
Ci sono dei punti fermi nelle vicende delle tre famiglie di imprenditori: quando fra poche settimane o pochi mesi si conoscerà il destino delle imprese – dissequestro e confisca – saranno trascorsi troppi anni dal giorno in cui gli stessi beni gli sono stati tolti perché sospettati di avere incrociato la mafia nella loro espansione. Beni che nel caso dei patrimoni di Niceta e Cavallotti per la quasi totalità non esistono più. I negozi di abbigliamento dei fratelli Niceta sono tutti chiusi. Le imprese edili e di progettazione di impianti dei Cavallotti sono per lo più in liquidazione. Stroncati dalla mala gestio degli amministratori giudiziari, dicono gli imprenditori. I problemi del sistema sono, però, strutturali. Al di là della complessa valutazione di merito e delle inefficienze, sono tanti i fattori che spesso rendono complicato il lavoro degli amministratori giudiziari. Una cosa è certa: i giudici decideranno su beni che sono ormai scatole vuote.
Diverso il discorso del gruppo Rappa – imprese edili, società immobiliari e di pubblicità, concessionarie di automobili, la televisione Trm – la cui attività prosegue. Alla base delle lunghe istruttorie c’è la complessità di perizie infinite. Alcune cose sono cambiate, ma serve una riforma del sistema chiesta a gran voce con una campagna dal Partito Radicale che ha trovato, era inevitabile, l’appoggio di tante persone a cui sono stati stati sequestrarti i beni. Si contesta innanzitutto il cuore della legge sulle misure di prevenzione e cioè il doppio binario con il processo penale. Se le prove non sono sufficienti per una condanna in sede penale, gli indizi di mafiosità possono bastare per fare scattare una misura di prevenzione. Un doppio binario che per anni è stato considerato un modello.
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24 Giugno 2018, 13:02