01 Aprile 2014, 08:04
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Forse la vera, umanissima politica è la progressiva caduta di un uomo con gli occhi sempre più stanchi che continua a cacciare fuori dalla gola le sue parole. E le persone, intorno, gli chiedono di fermarsi, di smetterla, perché si sente male e si vede. Lui va avanti lo stesso, in ossequio a qualcosa che non capiamo più. Ancora oggi – nel rivedere il video del suo ultimo comizio, a Padova, prima della morte – ti viene di dirglielo a Berlinguer. Anche se non è più il 1984. Guardi e imprechi: basta, smettila Enrico. Basta, vai a casa. Ma lui non può più sentire. Era politica, brutta, sbagliata, bella e giusta. Vera.
Per una felice e malinconica congiunzione astrale, Palermo celebra ciò che non c’è più, nel corpo e nello spirito. Ieri, il film su Enrico Berlinguer con Walter Veltroni al cinema. Oggi la festa – prima all’Ars, poi in una sorta di chiacchierata a cuore aperto – per i novant’anni di Emanuele Macaluso. Si possono mettere da parte le agiografie di sinistra e di destra, di chi credette in una storia ormai trascorsa, di chi la avversò, rispettandola. E si può considerare il Pci italiano, nel contesto del comunismo, una iattura, o una scintilla di avvenire. Non si può però negarne il peso. Le vecchie immagini e i vecchi ricordi sono una boccata d’aria fresca in tempi di politica greve, specialmente in Sicilia.
Emanuele Macaluso, vecchissimo siciliano, eppure ancora sulla braccia, benché Giampaolo Pansa in un recente libro l’abbia collocato nel girone dei “bolliti”. Supponiamo che non gli faccia piacere la sistemazione sullo scaffale dei gufi impagliati, né per la prosa acuminata di Pansa, né per le celebrazioni colme di retorica che riguardano il compleanno del 21 marzo. Emma., figura controcorrente fin dalla sua nota biografia sentimentale. Condannato per adulterio e per la relazione con una donna sposata. Capace di scrivere cose coraggiose e difficili da digerire in tema di diritti, garantismo, mafia e antimafia, da perfetto riformista-migliorista, celebrato dal suo compagno di una volta: Giorgio Napolitano. Difficili, cioè, per quella porzione di un mondo di sinistra, arroccata su postulati ovviamente non modificabili.
Enrico Berlinguer, in apparenza più giovane di Macaluso, proprio perché morto giovane, iconograficamente non imbiancato. Con quell’aria curva e dimessa, tanto lontana dalle pose del balcone, tanto vicina al popolo (la gente verrà dopo) da accettare di morire, di cominciare a morire in pubblico, per non tradirlo. Con l’ostinazione di chi cercò una via occidentale all’utopia e lo conferma la celebre intervista (sempre a Giampaolo Pansa) sull’ “ombrello della Nato”.
Ci furono errori, omissioni, tragedie, opportunità e cose buone nella storia che per una strana congiunzione astrale si sta celebrando in contemporanea a Palermo. Ci furono vicende divese e scelte differenti nella biografia dei personaggi che subiscono la sottolineatura della memoria. Ma c’è una pasta comune. E questa nostra politica attuale avrebbe da imparare dal vecchio Emanuele e dal giovane Enrico, uguali, nella loro reciproca irriducibilità. Se non altro, che gli sbagli possono anche essere terribili, eppure conservano un sentore di innocenza, quando sono commessi da chi è disposto a cadere, andare avanti e perdere tutto. Nonostante tutto. (rp)
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01 Aprile 2014, 08:04