10 Luglio 2020, 11:14
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PALERMO– Biagio Conte spezza il suo digiuno di protesta contro le dipendenze, portato avanti in una grotta. Il messaggio inviato dal suo portavoce, Riccardo Rossi, è chiaro: “Fratel Biagio oggi, sabato 11 luglio 2020, ha sentito nel cuore di sospendere il digiuno e di tornare in una delle sedi della Missione Speranza e Carità. Dopo quaranta giorni, molto provato e debole, ma carico di Spirito Santo, è stato aiutato a scendere dalla grotta in montagna dove ha trascorso questo periodo di preghiera e digiuno. Per circa 10 giorni fratel Biagio starà ricoverato in infermeria in assoluto isolamento sotto stretto controllo medico e pian piano riprenderà ad alimentarsi.”
“Ho sentito nel cuore il buon Dio – spiega il protagonista di questa storia – che mi invita a portare questo messaggio di Pace e di Speranza a questa umanità tanto travagliata, tanto sofferente, ma ho anche sentito nel cuore di riguardarmi il fratello corpo. Sto rientrando in Missione Speranza e Carità con il cuore pieno di speranza”.
Quaranta giorni senza cibo – secondo i messaggi arrivati a noi da un luogo sconosciuto – sono un tempo lunghissimo e può bastare così. Il messaggio è stato comunque lanciato. Ma chi è quest’uomo col saio che attraversa in modo tanto clamoroso le nostre coscienze? E’ un santo in incognito, come sostengono coloro che lo hanno eletto a simbolo senza riserve? E un esaltato, come dicono quegli altri quando lo vedono andare in giro per Palermo armato soltanto di una croce? Sicuramente è un personaggio dotato di una carica dirompente. Dove passa lui, il panorama non è più lo stesso. E’ la capacità di trasformare le cose che, sovente, offre a chi la possiede l’ingresso nella storia. Nel bene e nel male.
Palermo ama Biagio. Palermo odia Biagio. Palermo lo abbraccia o gli volta le spalle. Lui tocca il cuore di tutti con i suoi occhi azzurro-fosforescente. Ma il nostro è un tempo crudele. Se qualcuno abbraccia le persone migranti – come ha fatto il missionario laico – subito diventa sospetto, alieno. Sì, viviamo un tempo crudele. E stupido.
Chi lo conobbe negli anni ruggenti della giovinezza raccontava: “Ricordo Biagio su una Cinquecento rossa, quando era un giovanotto borghese a tutti gli effetti. E suo padre si disperava perché lui dava tutti i soldi ai poveri”. Una vita agiata, non da straricco, ma da ragazzo a cui non mancava nulla. Un’esistenza stretta per chi sentiva il bisogno di altri orizzonti. All’inizio degli anni Ottanta, la rottura. L’addio alla famiglia di origine. Un’esperienza di preghiera e di eremitaggio. Più in là il cammino a piedi fino ad Assisi, come conferma di una visione francescana, il ritorno a Palermo e la scelta: Biagio non va in Africa a fare il missionario, come sembrava dovesse essere. Resta qui e si occupa di poveri, con la Missione ‘Speranza e Carità’. Il destino, a quel punto, è già cambiato per sempre.
Fratel Biagio ha un legame fortissimo con Palermo. I poveri sono sempre stati suoi amici, da quando di persona si recava alla stazione centrale per portare cibo e calore umano. La città patrizia lo ha osservato, inizialmente, con distacco, poi si è lasciata conquistare. Anche perché andare da Biagio Conte può risultare un evento mondano eccitante per qualcuno. Buono per scattare un selfie. Altri, invece, si sono messi profondamente in ascolto di un messaggio che non è mai semplice e può risultare divisivo. Suo malgrado.
E’ accaduto, per esempio, quando il missionario laico ha preso una posizione inequivocabile sui migranti, accompagnata, come sempre accade nel suo caso, dall’azione, facendosi egli stesso migrante lungo una rotta sterminata. Piovvero le critiche sui social e non solo, proprio perché i tempi somigliano a una brutta copia dell’umanità. La replica candida e centrata: “Io ho iniziato con i senzatetto a Palermo, ma ho accolto tutti, sempre, con la Missione, senza guardare al colore della pelle o alle differenze. Perché non c’è differenza tra un migrante e un palermitano. Ogni uomo è nostro fratello e va aiutato. Non possiamo scegliere chi ci fa comodo, non sarebbe giusto. Siamo tutti responsabili delle nostre azioni e delle nostre omissioni”.
Molte sono, a filo di cronaca, i digiuni di Fratel Biagio, come lo chiama chi gli sta vicino. Nella memoria di tutti è rimasto il ‘digiuno delle Poste’ di due anni fa. Una protesta, sotto il colonnato delle Poste di via Roma, contro l’indifferenza, mentre i clochard morivano per strada. In quel caso fu decisiva la visita dell’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice che andò a trovare più volte l’uomo smagrito e in sandali disteso sul marciapiede. Biagio Conte tornò a casa, come in questa occasione, e fu una fortuna. Cosa sarebbe la coscienza di Palermo altrimenti?
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10 Luglio 2020, 11:14