Biagio, Paul e la fine del digiuno | “Sono pronto a dare la mia vita”

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15 Maggio 2019, 18:11

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PALERMO – Paul Yaw rimane in Italia fino a nuovo ordine, e ora spera anche nel lavoro che alcuni imprenditori palermitani potrebbero offrirgli per contribuire a regolarizzarlo. Al momento sulle loro identità non trapela nulla, ma non è escluso che vengano allo scoperto nei prossimi giorni. Ieri il migrante ghanese di 51 anni ha ottenuto dal Tar di Palermo la sospensione del provvedimento del questore che nei giorni scorsi aveva rigettato la sua richiesta di permesso di soggiorno. Il tribunale ha poi fissato l’udienza collegiale l’11 giugno.

“Congelamento” che ha convinto il missionario Biagio Conte a sospendere lo sciopero della fame, dopo 17 giorni di digiuno. Diciassette giorni che hanno visto una nuova ondata di solidarietà per l’ennesima battaglia del missionario laico. “Credo in una vera giustizia e aspetto con tutto il cuore, ma sono pronto a dare la vita per i fratelli”, ha detto Fratel Biagio durante l’incontro con la stampa, alla Missione speranza e carità di via Archirafi. Definito “Saint Francis” dal Guardian nelle ultime ore, Biagio Conte non è nuovo a prove psicofisiche estreme in segno di protesta pacifica contro le ingiustizie. La sua più celebre manifestazione in tal senso è il suo storico “abbandono” sotto i portici della sede delle Poste in via Roma. Insieme a Paul e Conte anche don Pino Vitrano, oltre all’avvocato Giorgio Bisagna e il dottor Francesco Russo, che hanno seguito il caso rispettivamente dal punto di vista legale e medico.

“Paul è stato destinatario di tre distinti atti – spiega l’avvocato Bisagna –. Prima di tutto il decreto di archiviazione dell’istanza di permesso di soggiorno, all’esito della cui istruttoria la questura ha ritenuto non esistessero i presupposti di legge; contemporaneamente Paul sarebbe dovuto essere espulso dal territorio dello Stato, su decisione del prefetto; infine, è stato raggiunto da una misura cautelare di obbligo di dimora presso la Missione, dove doveva risiedere e dormire, e di presentazione alla polizia. Impugnando il decreto sul permesso di soggiorno abbiamo bloccato il ceppo principale – continua l’avvocato – quindi anche tutto il resto è sospeso. Siamo fiduciosi”.

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Paul è conosciuto come factotum e persona dedita al lavoro, tanto che i volontari della Missione fanno sapere che per portarlo alla conferenza stampa l’hanno “strappato via” dal ponte sul quale stava lavorando. Non parla bene l’italiano, ma si fa capire col sorriso: “Ringrazio perché il problema potrebbe aver trovato una soluzione – dice –. In tanti mi aiutano: tutti i giorni che non ho mangiato ho comunque incontrato tante persone vicine a me. Grazie a Dio, la mia faccia ora dice tutto”. Yaw in Ghana ha la propria famiglia (la moglie, tre fratelli e una sorella), che dice di aver raggiunto su WhatsApp per le ultime novità e per dare la bella notizia del potenziale nuovo lavoro.

Il dottor Russo parla di “sanatoria” sociale per riabilitare i migranti che possano rendersi utili per l’Italia, e afferma che “la Missione non si tirerebbe indietro, un giorno, dal chiedere che Paul possa essere colui che ‘li aiuta a casa loro’; però non diciamo soltanto a casa loro, ma anche a casa loro”. All’unisono viene fatta chiarezza su un punto: “La Missione è del parere che per chi delinque, che sia bianco o nero, ci sono le galere. Per chi si comporta bene c’è la possibilità di uscire dall’invisibilità e vivere qui o tornare nel loro Paese, a seconda di cosa desiderano”.

Don Pino Vitrano poi annuncia una novità: nel 2020 una delegazione della Missione andrà in Ghana per una collaborazione tra popolazione locale e volontari, nei settori tessile, agricolo e della falegnameria; ci sarà spazio anche per coloro che, come Paul, hanno vissuto lontano dal proprio Paese e così potrebbero tornarci sotto una nuova luce. Una storia partita da lontano: “11 anni fa François, nostro fratello sarto ghanese, aveva proposto di donarci il suo villaggio d’origine – dice padre Vitrano –. Allora era tutto nebuloso, ma acconsentimmo e sottoscrivemmo tanto non avevamo niente da perdere. Mentre Biagio era in giro per il Marocco e il Portogallo, un giorno si presenta François a ricordarci che avevamo firmato questa carta e che dal Ghana chiedevano notizie. ‘Se siete interessati il villaggio è sempre vostro, altrimenti abbiamo pressioni dai cinesi’, ci disse. Gli ho risposto di partire e riferire che sì, eravamo ancora interessati”.

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15 Maggio 2019, 18:11

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