14 Marzo 2016, 18:24
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CATANIA – Ancora tante, troppe criticità sui conti del Palazzo degli Elefanti. Lo evidenzia la sezione di controllo della Corte dei conti che torna a bacchettare l’amministrazione comunale, per via di alcune richieste inevase da parte del Comune di Catania in relazione al piano di riequilibrio pluriennale e, soprattutto, in relazione all’ordinanza dell’inizio di dicembre del 2015, con la quale i giudici contabili ordinavano all’ente di produrre una serie di documento entro 45 giorni, pena il dissesto. Lo scorso 3 marzo, i magistrati contabili tornano a chiedere alcuni documenti, segnalando la persistenza di numerose criticità, e la relazione relativa al secondo semestre 2015 che dal Comune non sembra sia stata inviata.
In particolare, a essere oggetto delle richieste dei giudici contabili è “la relazione sull’attività di riaccertamento dei residui con indicazione, per singolo residuo, delle ragioni del mantenimento”. I magistrati chiedono poi “informazioni in merito alla copertura di maggiore disavanzo di amministrazione generatosi dopo l’approvazione del piano di rientro, pari a 29.600.717 euro“; il piano di alienazione e valorizzazione dei beni immobili “redatto a seguito dell’attività di ricognizione e valorizzazione del patrimonio immobiliare del Comune” e la “riproposizione degli impieghi e delle risorse per gli interessi scaturenti dalla concessione dell’anticipazione da parte della Cassa depositi e prestiti”.
Non solo. Da Palermo, la richiesta è anche quella di acquisire l’elenco analitico dei debiti certi e quello delle risorse finanziarie liberate dall’estinzione dei debiti e il prospetto analitico dei debiti fuori bilancio, da riconoscere al 31 dicembre 2014 – in particolare quello relativo a “Europea 92” che, stando a quanto scrive la Corte dei conti, non sarebbe accompagnato da copia degli accordi con i creditori. I giudici chiedono ancora: il prospetto analitico dei debiti fuori bilancio emersi nel corso dell’esercizio 2015, copia dei contratti stipulati e delle proposte transattive e, infine, una puntuale ricognizione dei debiti e dei crediti vantati nei confronti degli organismi partecipati, e la deliberazione relativa al bilancio di previsione 2015.
Insomma, pare che il Comune, nel rispondere all’ordinanza della Corte, lo scorso 27 gennaio, non abbia fornito alcuni, importanti, documenti. Lo scrivono i magistrati affermando che il “rilevante numero di documenti presentati dal Comune, non è in grado di chiarire i rilievi e le criticità emerse all’esito della verifica in riferimento al primo trimestre 2015”. La Corte parla di “considerevoli irregolarità”, correlate all’attuazione e alla sostenibilità del piano di riequilibrio, nonché “l’emergere di ulteriori profili di criticità che contribuiscono ad aggravare la situazione finanziaria dell’ente”. I giudici, a tal proposito, ricordano che la facoltà prevista dalla Legge di stabilità per spalmare i debiti in trent’anni, non sospende i poteri di vigilanza della Corte. Insomma, stando a quanto si legge nelle 17 pagine di documento, il Comune di Catania sarebbe ancora sotto stretta osservazione, per quanto riguarda la tenuta dei conti che, oltre tutto, potrebbe non essere così scontata.
Ecco, nel dettaglio, quanto evidenizato dai magistrati palermitani. Relativamente alla richiesta di chiarimenti in merito alle operazioni di riaccertamento dei residui, attivi e passivi, per gli esercizi 2013-2014, “il Comune di Catania si è limitato a produrre una copia, peraltro incompleta, delle determinazioni di riaccertamento dei residui effettuata da ciascun servizio/direzione”. Mancherebbe, inoltre, la relazione sintetica riassuntiva che avrebbe potuto aiutare a capire alcuni aspetti. Ad esempio, “alcuni residui figurano solo nell’esercizio 2014 e non nel 2013 pur riferendosi al 2012 e “la sommatoria complessiva dei residui mantenuti non corrisponde con gli importi riportati nel questionario sul rendiconto 2013”.
Dubbi anche sulla copertura del disavanzo di amministrazione che ammonta a 29.600.717 euro. “La fonti individuate per la copertura – scrive la Corte – non corrispondono a quelle già comunicate in sede di contraddittorio nell’adunanza dell scorso 28 ottobre”. Su Piano di alienazione degli immobili, la Corte scrive che “L’ente ha ottemperato – scrivono i magistrati – limitandosi a inviare l’elenco dei beni vendibili nell’esercizio 2016 senza fornire alcuna valorizzazione degli stessi”, prima di evidenziare come “le entrate previste nel bilancio di previsione 2015 per alienazioni immobiliari, pari a oltre 4 milioni, non risultano essere state realizzate” e che “l’Ente non ha dato seguito alla dismissione delle partecipazioninsocietarie non strategiche”.
Per quanto riguarda i debiti fuori bilancio, l’elenco inviato a Palermo “non rappresenta l’attuale situazione debitoria dell’ente. In relazione ai ai debiti fuori bilancio emersi nell’esercizio 2015, “la relazione prodotta – scrive la Corte – non consente di quantificare con esattezza l’importo complessivo degli ulteriori debiti cui l’ente è obbligato” […] e che “l’importo complessivo dei debiti potrebbe essere superiore”. Importo corrispondente a 59.249.254,06 di cui 28.042.996 non compresi nel Piano di riequilibrio. E ancora contenzioso e rapporti con le società partecipate.
In relazione a quest’ultimo punto, la Corte evidenzia ancora tante criticità. Su tutte “il disallineamento complessivo di circa 35 milioni” ma anche “l’esposizione debitoria di Asec Trade non definita”, “non risultano chiare – si legge – le conciliazioni operate nei confronti di Amt in liquidazione per 1,4 milioni” e, soprattutto, “non risultato prodotti i dati relativi alla Sidra” per la quale emerge un’esposizione di 41 milioni di euro.
Nessun allarme per l’assessore al Bilancio, Giuseppe Girlando che domani sarà a Palermo con il Ragioniere generale facente funzioni, Roberto Politano. “Abbiamo spedito proprio stamani le carte con i chiarimenti – afferma il delegato della Giunta in materie contabili – di cui domani riferirò ai giudici contabili”. Girlando evidenzia comunque che la stessa Corte prende atto della volontà del Comune di Catania di avvalersi della possibilità di spalmare i debiti in trent’anni, prevista dalla legge di stabilità, dando tempo all’amministrazione fino a giugno per rimodulare il Piano di rientro.
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