22 Febbraio 2019, 06:02
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PALERMO – Un parere favorevole ma con una serie di prescrizioni, fra cui trovare i soldi per colmare i tagli imposti dalla Finanziaria nazionale. Il collegio dei revisori dei conti dà il via libera al bilancio di previsione 2019 del comune di Palermo che, caso più unico che raro, la giunta ha esitato addirittura nel dicembre scorso e che adesso andrà a Sala delle Lapidi per l’approvazione entro marzo.
Un parere favorevole ma, come detto, con alcune prescrizioni ben precise: Palazzo delle Aquile deve contenere le spese correnti visto che incassa troppo poco dalle tasse, deve adeguare (con altri 195 milioni) il fondo crediti di dubbia esigibilità e deve istituire, dal 2020, il fondo dei crediti commerciali (5% della spesa corrente per debiti su beni, servizi e appalti), oltre a ricostituire il capitale sociale di Amat e Rap.
I revisori elencano una serie di osservazioni e suggerimenti: la mancata estinzione dell’anticipazione di tesoreria, per esempio, “dimostra la presenza di squilibri nella gestione di competenza causata dalla bassa capacità di riscossione delle entrate proprie e potrebbe denotare una incapacità di adempiere alle obbligazioni”; alcune spese ricorrenti sono coperte solo con entrate una tantum (lotta all’evasione, sanatorie, titoli edilizi); gli incassi dalle tasse sono in aumento ma ancora insufficienti, tanto da obbligare il Comune a ricorrere alle anticipazioni di tesoreria. E ancora il fondo crediti di dubbia esigibilità che va incrementato, visto che non si può più usare il metodo di calcolo semplificato per il prossimo rendiconto, e il mancato accantonamento per le indennità di fine mandato e le perdite delle partecipate, con Amat e Rap a serio rischio.
TAGLI ROMANI Il collegio, anzitutto, chiede al sindaco di colmare i buchi provocati dalla Finanziaria nazionale, approvata dopo il bilancio comunale: si tratta di tagli da sei milioni per il 2019, ma da otto per i successivi e che gli uffici prevedono di colmare, almeno per quest’anno, con le maggiori entrate previste dalle case popolari (2,4 milioni), 420 mila euro di diritti di istruttoria per gli atti urbanistici, quasi 2 milioni di crediti verso Amat, 304 mila euro da Rap per l’affitto della sede di piazzetta Cairoli ma anche minori uscite, come i quasi 900 mila euro risparmiati grazie agli accantonamenti per i disallineamenti con le aziende. I numeri però adesso andranno confermati dal consiglio comunale.
ENTRATE Poi si passa alle entrate non ricorrenti, ossia quasi 25 milioni che proverranno dai titolo edilizi (5,8 milioni), dalle sanatorie (2,5 milioni) e dal recupero dell’evasione tributaria (16,6 milioni) e che però finanziano la spesa corrente, e ai debiti fuori bilancio: i revisori giudicano insufficienti i cinque milioni accantonati. Sul fronte delle entrate 52 milioni arriveranno dall’Irpef e 274 da Imu, Tasi e Tari con la tassa sui rifiuti che comprende anche 34 milioni di recupero evasione; 7,4 milioni arriveranno dalla pubblicità, 32,8 dal suolo pubblico e 2,5 dall’imposta di soggiorno. Buone notizie arrivano proprio dalla lotta all’evasione, con un incasso per Imu e Tari aumentato l’anno scorso di 12 milioni e maggiori superfici imponibili per un totale di 2,2 milioni di metri quadrati; grazie alla rateizzazione, l’amministrazione ha incassato otto milioni e altri 4,8 sono arrivati dalle compensazioni. Detto questo, i revisori contestano comunque una cronica lentezza nell’incassare i tributi e nel ridurre i residui attivi. Le multe porteranno invece in cassa 23,8 milioni di euro, mentre i servizi a domanda individuale vengono coperti per solo un quinto dagli incassi con 4,5 milioni di entrate e 22 di spese per musei, cimiteri, asili, fiere, mense scolastiche e impianti sportivi.
FONDO CREDITI Brutte notizie dal Fondo crediti di dubbia esigibilità, visto che nel prossimo rendiconto bisognerà mettere altri 195 milioni di euro portandolo da 355 a 550 milioni. Vale a dire che il Comune dovrà trovare 65 milioni di euro l’anno nel prossimo triennio, impresa che allo stato attuale sembra assai ardua.
PARTECIPATE Come sempre, le partecipate sono un tasto dolente. Amat ha una perdita di 50,6 milioni dovuta allo stralcio dei disallineamenti, ma ad oggi non risulta siano stati presi provvedimenti e non è stata nemmeno convocata l’assemblea. Nel 2018 sempre Amat fa segnare una perdita di 5,5 milioni, Rap di 12,5 e Reset di mezzo milione, mentre secondo gli uffici i numeri comunicati da Amap sarebbero “poco attendibili”. Per i revisori l’accantonamento per le perdite finora è di appena 4,2 milioni, troppo pochi per coprire tutti i passivi, per non parlare del fatto che va ricostituito il capitale sociale di Amat. Analoghi provvedimenti andrebbero presi per la Rap che ha perdite per 12,5 milioni e un capitale sociale di soli 14,5 milioni. In pratica nel 2018 ci sono altri 18 milioni di buco che andranno colmati nel 2020.
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22 Febbraio 2019, 06:02