Bimbo dimenticato in auto| Gli attimi terribili della tragedia

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19 Settembre 2019, 19:31

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CATANIA – Quando il piccolo di appena due anni arriva nel pronto soccorso del Policlinico, insieme al padre che lo aveva dimenticato in macchina, è già troppo tardi. Tardi per provare, tra le lacrime del papà, un ultimo tentativo di rianimazione. Proprio lì, nel nuovo ospedale che fa parte della struttura in cui lavora la madre, medico e figlia, a sua volta, di uno dei più noti chirurghi catanesi.

Dettagli da niente in una tragedia che poteva essere evitata se, solo per un attimo – sembra facile a dirsi – il padre non avesse dimenticato di dover portare all’asilo il figliolettoNon proprio un giorno come tanti altri. La madre doveva partire alle 13 per seguire un convegno. Il padre, docente e assegnista di ricerca nella facoltà di Ingegneria, decide di accompagnare personalmente il piccolo all’asilo. È presto, il bimbo ha sonno e pochi minuti dopo essere stato legato nel seggiolino di sicurezza, si addormenta. E quella diventa la sua tomba. Da quel momento scatta il blackout nella mente del padre.

In macchina c’è silenzio, percorre la solita strada verso l’università di Catania. Ogni mattina traffico in tilt, strade intasate e deviazioni. Intorno alle otto e trenta il “prof”, così lo chiamano gli studenti di Ingegneria, arriva nel parcheggio della cittadella universitaria. Inizia una mattinata densa di impegni. Il fulmine arriva poco dopo le 13, quando la nonna del bimbo chiama il padre allarmata perché all’asilo non c’è il piccolo. Inizia la corsa disperata verso la macchina, lasciata per cinque ore sotto il sole e quindi il tentativo, inutile, di salvare quel corpicino. 

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Scoppia il panico, interviene la polizia, l’uomo “piange continuamente – racconta un investigatore all’Ansa – è disperato, non riesce a spiegarsi ciò che è accaduto” e Catania ripiomba nel ricordo di un’altra tragedia, avvenuta 21 anni fa. Identiche le modalità: una fatale distrazione, ma il protagonista era un tecnico della Sgs Thompson, una fabbrica di microelettronica che aveva lo stabilimento nella zona industriale di Catania. L’uomo era precipitato nell’infermo della disperazione nell’afoso pomeriggio del 3 luglio 1998. Catania era stretta da un caldo asfissiante. La temperatura aveva superato i 40 gradi per il torrido vento di scirocco giunto dall’Africa.

L’uomo era uscito con la sua Fiat Punto per accompagnare all’asilo il figlio di 20 mesi appena, rannicchiato nel suo seggiolino, prima di presentarsi negli uffici della Sgs Thompson. Era un percorso sempre uguale che seguiva ogni giorno quasi a memoria. Ma quella mattina, invece di passare dall’asilo, che non era lontano da casa, aveva subito puntato verso il suo posto di lavoro. Arrivato con un insolito anticipo nel parcheggio dell’azienda, aveva chiuso a chiave l’auto ed era salito in ufficio. Il sole intanto batteva implacabile sulla macchina. La temperatura era rapidamente salita fino a trasformare l’abitacolo in una gabbia torrida che al piccolo, rimasto sul seggiolino per sette ore, non aveva più lasciato scampo.

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19 Settembre 2019, 19:31

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