Un angelo è passato in ospedale | La vita nuova del bimbo che rideva

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09 Luglio 2017, 06:00

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PALERMO – Ogni tanto anche qui passano gli angeli e dispiegano le ali all’ombra della corsia. Hanno la morbidezza di un peluche che veglia il sonno di un bimbo malato. Hanno la consistenza di certi sogni dell’infanzia, azzurri contro il soffitto. Hanno la dolcezza di una mano che si posa e allevia il male. Hanno la tenerezza dell’infermiera che stringe al petto una bambina angosciata, di notte, quando non c’è nessuno. Hanno la comprensione di un sorriso dopo la puntura.

L’Ospedale dei bambini di Palermo è il nostro nervo scoperto. Qui il dolore offende l’innocenza, ecco perché alle lacrime impotenti che accompagnano la sofferenza si aggiunge un sentimento di rabbia altrettanto impotente. Non dovrebbero soffrire così anche i bambini. Ecco perché quaggiù c’è molto bisogno di angeli.

Qui ci sono le piccole anime ignare della loro bellezza, appese alla fragilità di corpi che possono essere più frangibili dei sogni. Qualcuno si aggrappa alla salvezza e riesce a costruirsi una vita, tra le braccia di un angelo in transito. 

Qui c’era un bimbo protagonista di una vicenda di cronaca nera di qualche anno fa. Lui e suo fratello finirono al pronto soccorso in condizioni terribili. Drogati e picchiati. La tutela della giustizia si mosse in fretta. LiveSicilia si occupò, come tutti, del caso. Scrisse Riccardo Lo Verso: “Giunse in ospedale con dei segni di bruciatura e lividi sul corpo. Poi, le analisi svelarono la presenza di droga nel sangue. La polizia ricostruì che era stato colpito dalla mamma perché avrebbe fatto i capricci e aveva assunto la cocaina lasciata sul tavolo dalla donna e dal suo compagno, risultato tossicodipendente”.

Seguirono giorni di tormento, interrotti da giorni di sollievo. Angeli piovvero tra le pareti bianche, sotto forma di peluche, di carezze, di benedizioni. L’allora assessore regionale alla Salute acquistò un intero guardaroba per rivestire corpi e anime. Il particolare è saltato fuori solo per caso. Massimo Russo e sua moglie non vollero mai renderlo pubblico. La loro generosità era nobile e discreta. In seguito i fratellini vennero adottati da una famiglia del Nord.

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E questa è la storia di una rinascita che sembrava quasi impossibile, intessuta di sguardi paterni e di ninne nanne materne. La racconta Giorgio Trizzino, il direttore sanitario dell’Ospedale dei bambini. Fu lui a occuparsi, subito, del piccolo di cui si narra. “Lo portai a casa mia – ricorda -. Di notte, dormiva presso una casa famiglia molto qualificata. Di giorno stava con me”. C’erano due pupille meravigliate nella stanza del dottore che, oggi, dopo molti anni, narra le circostanze di un’incredibile avventura di affetto e solidarietà. “Se ne stava proprio lì, dove adesso c’è lei – e indica la poltrona – e mi guardava con due occhioni giganti. Zitto e serio, come per non disturbarmi. Io lavoravo e gli sorridevo, ricambiato. E allora rideva, rideva moltissimo”.

Giorgio Trizzino è un uomo con i figli già grandi, eppure lui e sue moglie se ne presero cura, come fosse un altro figlio, portato da una cicogna inaspettata. Per qualche tempo, pensarono pure di adottarlo: “Ma i giudici del tribunale dei minori, che operano sempre con attenzione, rigore e sensibilità, me lo sconsigliarono. Era meglio vivere quella vita, lontano da Palermo”. Così è accaduto.

Tuttavia, ci sono fotogrammi da recuperare, tenerezze che precedettero l’addio. “Ospitammo il piccolino alla vigilia di Natale. La festa si passa in famiglia, con i parenti. Il 25, in casa, c’era lui, coccolato da tutti, che tutti scrutava con quei suoi occhioni. Non aveva mai vissuto tanto calore. Non conosceva il presepe, né l’albero. Era stupito di ricevere quelle attenzioni”. Infine, dal Nord piovve un’altra benedizione. Un padre e una madre. Il dottore Trizzino ricorda ancora: “Si trasferirono a Palermo per una settimana, per incontrare i fratellini. Ha presente l’atterraggio su un pianeta sconosciuto che poi diventa casa tua? Sono andati via per sempre. Ed è stato meglio”.

Il resto è una cronaca azzurra di foto sul cellulare. Le esistenze ferite si sono trasformate in ragazzini sereni che salutano con la mano ‘Giorgio’ e gli mandano un bacio, in un video. C’è una tonalità come di smarrimento e di approdo nella voce del dottore che sussurra: “Sono un chirurgo, sono abituato alla freddezza per mestiere. Ho tenuto nel palmo il cuore delle persone, ma non posso non emozionarmi”. Un fruscio dietro le tende. Nella stanza, tra soffitto e pareti, lì dove c’era un bambino, un angelo è appena passato.

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09 Luglio 2017, 06:00

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