Biotestamento, boom di richieste | Cos’è e chi lo sta richiedendo

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28 Aprile 2019, 17:02

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PALERMO – “Disposizioni anticipate di trattamento”, o “dat: espressioni che a molti palermitani potrebbero non suggerire nulla, ma che per molti starebbero diventando una priorità. In questi giorni, infatti, un picco improvviso di richieste di testamento biologico sta dando filo da torcere agli uffici dell’assessorato alla Cittadinanza sociale del Comune. Ma cosa sono nello specifico le dat, e perché questo boom nel capoluogo?

A dare una definizione di dat è il Ministero della Salute: comunemente definite “testamento biologico” o “biotestamento”, sono regolamentate da una legge entrata in vigore il 31 gennaio 2018; può sottoscriverle qualsiasi maggiorenne capace di intendere e di volere, esprimendo così le proprie volontà sul consenso (o rifiuto) a procedere con trattamenti diagnostici, scelte terapeutiche e singoli trattamenti sanitari. Sul sito del Ministero si apprende che le dat possono essere redatte con atto pubblico, con scrittura privata autenticata o con scrittura privata consegnata dal disponente presso il Comune, che provvede all’annotazione in un apposito registro; è possibile anche consegnare l’atto alle strutture sanitarie, ma solo nel caso in cui le Regioni ne abbiano regolamentato la raccolta e l’inserimento in banca dati.

Attualmente, non solo la Sicilia non dispone di un registro regionale, ma mancano anche modalità certe di tracciamento delle dat tra gli enti. Nonostante la legge di bilancio 2018 abbia stanziato due milioni di euro per realizzare la banca dati nazionale delle dat, non tutti, tra Regioni e Comuni, si sono uniformati istituendo i registri. Così i cittadini potrebbero incorrere in difficoltà impreviste: per esempio, nel caso in cui le dat venissero registrate in una Regione ma al momento del bisogno ci si trovasse in un’altra, oggi nessuno strumento unico ne garantirebbe al cento per cento l’osservanza.

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Per arginare il problema, il Comune di Palermo ha istituito un proprio registro dei testamenti biologici. I numeri del Servizio stato civile di piazza Giulio Cesare parlano di 108 registrazioni, ma tantissime richieste sono ancora pendenti e il flusso va a rilento anche a causa della complessità della procedura. “Allo stato attuale il Comune non può far fronte a tutte le richieste – ammette l’assessore Giuseppe Mattina – ma si sta attrezzando per organizzare gli appuntamenti, anche nelle Circoscrizioni, e ha messo a disposizione sul proprio sito un modello di dat da compilare per accelerare i tempi”.

Un “caso nel caso” emerge dalla composizione delle liste d’attesa. Tra i richiedenti, molti sono testimoni di Geova: una delle motivazioni è la contrarietà alle trasfusioni per motivi religiosi, quindi il testamento biologico metterebbe al riparo da eventuali trattamenti indesiderati. “Il problema è che si è innescato un meccanismo di iscrizione collettiva – segnala Mattina –, cosa impossibile perché le disposizioni sono individuali per definizione. Non si può arrivare negli uffici in gruppo, chiedendo una registrazione di massa. Suggeriamo alle associazioni, anche religiose, di informarsi correttamente sulle modalità di registrazione delle dat, così da essere preparati quando partiranno le misure che il Comune di Palermo sta adottando”.

“Il numero è molto basso se confrontato con la popolazione totale, ma le difficoltà con le richieste suggeriscono che possa salire di molto”, osserva Tania Piccione, coordinatrice regionale di Samot. L’onlus assiste malati oncologici terminali in tutta l’Isola e sta valutando la possibilità di condurre un’indagine sui registri dat dei Comuni. “Se si può parlare di una ‘cultura delle dat’? No, non c’è – afferma –. Il testamento biologico è più un appannaggio degli addetti ai lavori. Ancora occorre una sensibilizzazione, per far nascere la consapevolezza che il principio di autodeterminazione dovrebbe regolare la nostra vita fin dall’inizio. Quanto alle richieste pervenute a Palermo – continua Piccione – la componente religiosa dovrebbe essere secondaria: prima di tutto, a spingere qualcuno a fare testamento dev’essere un fattore culturale. La normativa ha un respiro molto più ampio e costituisce una serie di diritti fondamentali ma considerati ‘lontani’, così come tutti i diritti che riguardano la fase finale della vita. È necessario un percorso culturale, ma forse i tempi non sono maturi”.

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28 Aprile 2019, 17:02

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