29 Aprile 2015, 06:40
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RANDAZZO – Erano riusciti ad interrompere un importante “summit” mafioso a Giarre che serviva a delineare l’egemonia di Cosa nostra nel territorio di Castiglione di Sicilia. Era il 4 aprile del 2013, ad aver convocato il vertice era stato Vincenzo Lomonaco, allora sorvegliato speciale. Da quell’incontro, intercettato dai Carabinieri, è partita l’indagine che è sfociata nel blitz di questa mattina che ha portato all’arresto di 14 persone (una è latitante) appartenenti al clan Brunetto che opera tra Giarre e Fiumefreddo come diretta articolazione del clan Santapaola Ercolano.
Sferrato un duro colpo al gruppo criminale capeggiato da Carmelo Oliveri, reggente del clan per la zona di Giarre e Fiumefreddo dopo la scomparsa del boss Paolo Brunetto, deceduto a giugno del 2013. “C’è un intercettazione – spiega il sostituto procuratore Jole Boscarino – dove emerge proprio che il fratello di Paolo Brunetto designa Oliveri come capo della cosca”. Ma la cosca aveva intenzione di allargarsi ed è qui che entra in gioco Vincenzo Lomonaco che prende le redini degli affari illeciti nella zona di Castiglione di Sicilia, dove ha l’obbligo di soggiorno. Il gruppo si specializza nelle estorsioni ai danni delle aziende vitivinicole e nella “guardiania”. Non sono mancati intimidazioni violente e danneggiamenti operati per “convincere” imprenditori e commercianti a piegarsi al pizzo.
I militari hanno fatto scattare le manette ai polsi dei 14 indagati (FOTO), a tre di loro Carmelo Oliveri, Alfio Papiotto e Giuseppe Calandrino, l’ordinanza è stata notificata in carcere, mentre per Emilio Aramis il Gip di Catania ha disposto gli arresti domiciliari. In totale però le misure sono 16: Gaetano Lomonaco, 30 anni, infatti, è sottoposto all’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria. La retata è stata denominata Santabarbara, nome di una via di Castiglione di Sicilia dove vivono la maggior parte degli “affiliati”.
Non solo mafia rurale, gli investigatori hanno ricostruito che il gruppo criminale che aveva ai vertici Oliveri e Lomonaco aveva creato una fiorente rete di traffico e spaccio di droga, tra Giarre, Fiumefreddo, Castiglione e i comuni limitrofi.
Gli investigatori, come detto, nel corso delle attività investigative sono riusciti a bloccare un vertice tra i boss dei Brunetto: un’operazione che ha permesso di “scongiurare” una escalation criminale volta a riaffermare il potere del clan e a impedire “interferenze” esterne da parte di altri clan, interessati ad allargare il loro dominico criminale nella zona. “E’ da lì che è partita l’inchiesta – spiega il procuratore Giovanni Salvi – che ci ha permesso di ricostruire l’organigramma dell’organizzazione e ci ha permesso di ottenere i risultati significativi di oggi”.
“Nel corso del blitz di questa mattina – spiega il comandante dei Carabinieri Alessandro Casarsa – abbiamo sequestrato un’apparecchiatura che serve a bonificare la zona da eventuali segnali di telecomunicazioni”. Il vertice del clan, in particolare Vincenzo Lomonaco, dopo il summit interrotto aveva paura di eventuali controlli e monitoraggi, anche tramite cimici e microfoni, da parte delle forze dell’ordine. Un’ansia che emerge anche dalle conversazioni intercettate dai carabinieri: Lomonaco si sentiva quasi un uccello in gabbia. Non aveva tutti i torti. Solo che invece di una gabbia, da questa mattina il 45enne dimora in una cella del carcere di Bicocca.
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29 Aprile 2015, 06:40