Boldrini: “Maria Grazia, giornalista| innamorata del suo lavoro”

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23 Novembre 2014, 08:32

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CATANIA – La decima edizione del premio “Maria Grazia Cutuli”. Sono passati tredici anni da quel 19 novembre afghano, ma il ricordo della giornalista catanese è ancora vivo. Lo dimostrano le centinaia di persone presenti al Teatro San Giorgi. “Ci tenevo a essere qui anche quest’anno per ricordare Maria Grazie Cutuli, un’amica, una giornalista innamorata del suo lavoro, sempre ben disposta verso il mondo”, dice la Presidentessa della Camera Laura Boldrini a margine dell’iniziativa. Una presenza importante che indica una strada alle nuove leve del mestiere: “La testimonianza di una di una donna che ha seguito la sua indole nonostante i problemi e le complicazioni, un esempio per le nuove generazioni”. E’ anche questo il senso del premio, istituito dalla fondazione Cutuli Onlus.

<p>Un momento del Premio </p>

E’ un momento per riflettere su un certo modo di fare giornalismo, in prima linea, interpretando e raccontando la realtà. “Il messaggio che proviene da Maria Grazia è di grande attenzione alla professione, senza dimenticare i valori umani; mia sorella faceva un tipo di giornalismo, se vogliamo un po’ all’antica: Un giornalismo d’inchiesta per strada, porta a porta,  osservava come i grandi fenomeni si riflettevano sulla vita delle persone”, racconta   Mario Cutuli. Gli fa eco il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli: “Quella di Maria Grazia è una figura limpida di giornalista che voleva capire senza inquadramenti ideologici, con grande generosità e apertura verso culture e religioni differenti dalla nostra”. Un approccio di cui si sente la mancanza nel panorama attuale in continua mutazione soprattutto nelle zone calde del pianeta. “Tredici anni non sono pochi, il mondo è cambiato, dobbiamo cercare di capire come sono disposte le forze in campo; Il paradosso dell’informazione che stiamo vivendo è presto spiegato: abbiamo tanti strumenti che ci dovrebbero mettere nella condizione di capire, ma abbiamo molti dubbi, siamo spesse volte percorsi da atroci sensazioni di essere strumenti di una propaganda, vediamo crescere un feroce integralismo islamico che non ammette nessuna possibilità di dialogo”, spiega De Bortoli.

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Il mondo occidentale ha commesso degli errori secondo il direttore del quotidiano di Via Solferino. “Se avessimo avuto la possibilità di leggere buoni articoli come quelli di Maria Grazia, che hanno spiegato la differenza tra sunniti e sciiti (non si trattava di individuare il buono ma che erano lotte intestine tra cattivi e pessimi) probabilmente i paesi occidentali avrebbero compiuto scelte differenti, per esempio è stato un errore la guerra in Iraq e le democrazie si trovavano spesse volte a preferire dittatori sanguinosi a derive apparentemente democratiche ma che portano soltanto acqua al mulino dell’integralismo più cupo: quello che decapita i giornalisti”. Un mestiere sempre a rischio come ricorda De Bortoli citando una recente indagine: cinquanta giornalisti uccisi dall’inizio dell’anno, trecento minacciati nel nostro paese. ”Insomma, è una professione pericolosa ma indispensabile perché la democrazia sia evoluta. Se ci fossero stati tanti testimoni come Maria Grazia avremmo avuto la possibilità di capire di più, di avere minori pregiudizi e di tentare la via del dialogo”. Basta rileggere gli articoli dell’inviata del Corriere per capire il senso delle parole di De Bortoli. Lo fa l’attrice Lucia Fossi sul palcoscenico durante la cerimonia di premiazione, presentata dalla giornalista del Tg3 Maria Cuffaro.

Una testimonianza di giornalismo “di strada” che consuma le suole delle scarpe ma  arriva al cuore dei problemi e sa raccontare la realtà delle cose. “Non dovremmo mai perdere la curiosità e l’interesse nei confronti della strada e delle persone che non vanno date in pasto al mondo senza nessun criterio”, si augura Andrea Tuttoilmondo, corrispondente di Ascanews da anni in prima linea a Lampedusa e vincitore della sezione “giornalisti siciliani emergenti”. Una considerazione preziosa anche per le colleghe più navigate come la fotogiornalista americana Lynsey Addario (vincitrice del premio per la sezione “Giornalisti stranieri”) che ha raccontato i conflitti  in Afghanistan, Iraq, Libano, Darfur, Congo e Libia e la cronista di Radio Siani e del Corriere.it Amalia De Simone (vincitrice per la sezione giornalisti italiani) che ha denunciato a colpi di inchieste casi di malasanità, del traffico di rifiuti tossici e dell’infiltrazione dei clan negli appalti pubblici. Un premio speciale è stato conferito dal presidente della Fondazione, il direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli, alla giornalista palermitana Laura Anello. Tre gli studenti insigniti per le tesi di laurea d’argomento giornalistico: Sara Bettoni (“IlVergante.it: un esempio di come cambia l’informazione”), Eleonora Currò (Il caso Giampilieri: analisi della cronaca locale e citizen journalism sul web)  e Carmela Albano (“Degrado e marginalità sociale nelle stazioni ferroviarie”)

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23 Novembre 2014, 08:32

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