04 Luglio 2020, 16:21
3 min di lettura
PALERMO – Ergastolani che se ne vanno in giro ad incontrare altri ex ergastolani. Mafiosi che dettano ordini dal carcere, tramite i parenti. Pizzini che arrivano nelle celle dei detenuti nascosti dentro le confezioni di crema idratante. Incontri nelle infermerie dei penitenziari o nelle salette di attesa dei processi in Tribunale. È dura recidere la rete di contatti che consente ai boss di Cosa Nostra di esercitare il suo potere.
Lo spaccato desolante trova conferma nell’ultima operazione della Direzione distrettuale antimafia di Palermo che ha riguardato il mandamento di San Mauro Castelverde.
Mico Farinella è il personaggio chiave dell’inchiesta. Ha evitato l’ergastolo grazie ad un sacrosanto, perché i diritti valgono per tutti, ricalcolo della pena sulla base dell’indulto. Una volta fuori, tra le prime cose ha fatto, è andato a incontrare Giovanni Scaduto, killer ergastolano in detenzione domiciliare per motivi di salute (anche questo è un diritto sacrosanto) con il permesso di uscire ogni giorno per le necessità della vita quotidiana, ma con il divieto di incontrare altri pregiudicati.
Secondo i carabinieri, Scaduto avrebbe affidato a Farinella, durante un incontro in piazza Duomo, a Voghera, il compiuto di fare giungere una comunicazione a qualcuno a Palermo. Se i militari del Nucleo investigativo di Palermo e della compagnia di Cefalù non si fossero messi sulle tracce di Farinella probabilmente la storia degli incontri non sarebbe venuta fuori.
Per fortuna i carabinieri c’erano, come c’erano anche quando i mafiosi detenuti incontravano i parenti durate i colloqui carcerari. La circolazione dei pizzini è andata avanti per chissà quanto tempo.
Solo per fare un esempio: nel 2017 mogli, madri e figlie hanno fatto visita sia a Peppino Farinella, storico capomafia oggi deceduto, detenuto a Parma, sia al figlio Domenico Mico, nel penitenziario di Voghera. Durante il viaggio di ritorno in macchina i parenti dicevano: “… come ci hai scritto per quelli che devono prendere i passaporti?…”; “…dove c’è scritto morto… è un biglietto a parte… non nel foglio dove abbiamo fatto noi a casa…”. Insomma, lo scambio di pizzini era un’abitudine. Come quando nel 2018 papà Mico fece sapere al figlio Giuseppe di recuperare una somma di denaro, accumulata “dal ’95 ad ora…sappiti regolare…”.
Francesco Lombardo, mafioso di Altavilla Milicia, oggi collaboratore di giustizia ha raccontato di avere incontrato al carcere Pagliarelli di Palermo Francesco Bonomo, anche lui boss di San Mauro Castelverde: “Con Franco abbiamo fatto le ore di saletta insieme, siamo stati compagni di gioco al burraco”. I detenuti hanno diritto alla socialità.
Lombardo era di passaggio a Palermo. Doveva partecipare a un processo e fare rientro a Voghera. Da qui la richiesta: “Mi ricordo che Franco Bonomo mi disse che se fosse possibile al mio ritorno a Voghera di potere consegnare una crema Nivea a suo cognato Mico Farinella, ha aggiunto pure che metteva all’interno della crema Nivea un biglietto, un pizzino, non so il contenuto cosa…”.
Tornato nel carcere in provincia di Pavia, Lombardo disse a un detenuto, riferimento per le comunicazioni carcerarie, che “Lombardo Francesco era interessato a parlare con Mico Farinella”. Dopo qualche giorno “sono sceso al campo sportivo ho incontrato quella persona che già conoscevo, e mi ha presentato il Mico Farinella che io non conoscevo”. E la Nivea fu consegnata.
Anche i due cognati, Farinella e Bonomo (detenuto a Vibo Valentia) sarebbero riusciti a dialogare a distanza. Così ha raccontato Filippo Bisconti, boss di Belmonte Mezzagno divenuto collaboratore di giustizia: “Ho capito che Giuseppe Farinella figlio di Mico, si incontrava con suo cugino, figlio di Franco, il quale lo veniva a trovare fino a Palermo o Giuseppe andava a trovare lo zio Franco, quando era fuori, quando non era fuori praticamente le notizie se li passavano i due cuginetti”.
La circolazione delle notizie è costante. È su questo fronte che qualcosa nei controlli non funziona. Così come nei contatti fra i detenuti in libertà vigilata o sorveglianza speciale. Le scarcerazioni per motivi di salute o la storia di detenuti rimasti in cella fino all’ultimo respiro, nonostante fossero ormai dei vegetali, ha polarizzato e polarizza il dibattito e scatena polemiche. Nel frattempo, lontano dai riflettori, i boss continuano a dettare ordini.
Pubblicato il
04 Luglio 2020, 16:21