“Vi dico come arrestare il padrino”| Le parole del boss e la retromarcia

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13 Marzo 2015, 06:07

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PALERMO – Ha provato a trattare. La revoca del 41 bis in cambio delle informazioni per arrivare a Matteo Messina Denaro. Forse millantava, forse no. Non lo sapremo mai, perché ci ha ripensato. La sua iniziale apertura con gli investigatori è stata solo una parentesi. Poi, la chiusura totale nel silenzio della cella dove è recluso al carcere duro. La trattativa è finita prima ancora di iniziare.

È il regime detentivo che spetta ai capimafia che spaventa i boss più di ogni altra cosa. Ecco perché investigatori e pubblici ministeri hanno davvero creduto che uno di loro, uno di quelli finiti in carcere in uno dei recenti blitz antimafia, potesse cedere. Ed, invece, ha fatto una repentina marcia indietro. Voleva tenere lontano da sé il dubbio che qualcuno lo considerasse un pentito. Ha preferito difendere la sua reputazione di uomo d’onore Neppure chi indaga coltiva la speranza che possa tornare ad aprirsi.

Acqua passata. Che, però, potrebbe lasciare qualcosa in eredità. Se davvero il boss non millantava che in qualche modo si potesse arrivare alla cattura del capomafia di Castelvetrano, allora da qualche parte c’è una pista investigativa calda da imboccare. Messina Denaro sembra un fantasma, ma c’è e si muove sul territorio dove i segni del suo passaggio sono tangibili.

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C’è un particolare che potrebbe dare corpo alla possibilità che il boss fosse sul serio nelle condizioni di aiutare chi dà la caccia a Messina Denaro: a mostrare segni di cedimento è stato un boss che proviene da una zona della città non lontana da San Lorenzo dove in passato sono emersi contatti con il latitante. Di recente è stato l’aspirante pentito Vito Galatolo a raccontare che ci sarebbe Matteo Messina Denaro dietro la nomina dei vertici di alcuni mandamenti mafiosi di Palermo. Il mafioso dell’Acquasanta ha raccontato che il padrino trapanese non solo avrebbe ordinato di organizzare l’attentato al pubblico ministero Antonino Di Matteo, ma avrebbe pure piazzato gli uomini alla guida di Resuttana, Santa Maria del Gesù e Brancaccio, abbandonando il suo tradizionale disinteresse per le faccende palermitane.

Oppure il mafioso al 41 bis conosceva notizie per averle attinte direttamente in terra trapanese. Ipotesi, solo ipotesi. Di certezza, per la verità, ce n’è un’altra. Il carcere duro con le sue ristrettezze, che non sempre impediscono, però, i contatti con l’esterno, è la cosa che spaventa di più i boss. Persino uno come Totò Riina, che in carcere c’è finito più di vent’anni fa, ha mostrato insofferenza per il 41 bis durante le conversazioni con il compagno di cella Alberto Lorusso. La stessa insofferenza che ha mostrato di recente il boss, molto meno anziano del capo dei capi. È stato un attimo, però. Solo un attimo.

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13 Marzo 2015, 06:07

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