19 Gennaio 2015, 06:15
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PALERMO – Marzo 2011. Bagheria, provincia di Palermo. Tre uomini salgono a bordo di una macchina. Il viaggio sarà lungo. Anzi, lunghissimo. Spengono i telefoni. Li accenderanno di tanto in tanto per le conversazioni con i familiari. Saluti brevi che consentiranno ugualmente di monitorare la trasferta svizzera, a Basilea, di due pezzi grossi della mafia della provincia e di un loro amico, pure lui finito nei guai giudiziari. Una trasferta su cui ora si è accesso l’interesse della Procura di Palermo.
Su quella macchina c’erano Antonino Messicati Vitale, Antonino Zarcone e Silvio Girgenti. Oggi sono tutti e tre in carcere. E uno, Zarcone, ha pure saltato il fosso. Messicati Vitale, boss di Villabate, nel marzo di quattro anni fa, era tornato ad essere da poco un uomo libero. Libero dopo avere finito di scontare una lunga condanna per mafia e terminato il periodo di “purgatorio” da sorvegliato speciale. Una delle sue prime esigenze fu salire su una macchina con Zarcone – l’uomo che la cronaca ci avrebbe fatto conoscere, anni dopo, come un boss bagherese – e Girgenti, finito di recente in cella. Il suo ruolo è ancora tutto da chiarire. Viene considerato legato al clan mafioso, anche se lo stesso Zarcone ne sminuisce di parecchio lo spessore ipotizzato dagli investigatori.
Girgenti, fino al suo arresto, avvenuto nel maggio 2013, faceva il gioielliere a Bagheria. La Svizzera è la terra della più rinomata scuola di orologeria. Tra le cose che hanno chiesto di ricostruire a Zarcone quando ha scelto di voltare pagina c’è pure la trasferta a Basilea. Il neo pentito ha detto che si trattò di una gita di piacere fra amici. Avevano accompagnato Girgenti alla la fiera del lusso, una delle più importanti manifestazioni di gioielleria del mondo.
Un passaggio veloce in un verbale molto più complesso. Versione credibile la sua che, però, non convince appieno gli investigatori. L’attendibilità del collaboratore è fuori discussione, ma i pubblici ministeri della direzione distrettuale antimafia e i carabinieri del Nucleo investigativo vogliono approfondire la questione. I centottanta giorni, termine massimo entro il quale l’autorità giudiziaria deve raccogliere le confidenze dei boss pentiti, per Zarcone scadono a fine marzo. Di dubbi “svizzeri” da chiarire ce ne sono parecchi.
Nel 2011 le utenze telefoniche di Zarcone e Messicati Vitale fossero sotto controllo. Non li seguivano a vista, però. Impossibile farlo con tutte le persone su cui si indaga. Dunque non sono riusciti a vederli salire in macchina. Hanno ricostruito i loro spostamenti grazie alla localizzazione dei telefonini. Per due giorni erano rimasti insolitamente spenti per essere accesi solo in brevi circostanze- Da cosa nasceva la necessità di mantenerli disattivati? Le celle agganciate sono compatibili con un percorso autostradale, almeno fino in Campania dove una delle due utenze è stata certamente utilizzata a Marano di Napoli, comune a pochi chilometri dal capoluogo campano, regno dei clan Nuvoletta prima e Polverino poi.
Già, i Nuvoletta, i cui rapporti con la mafia siciliana fanno parte della storia. Di don Lorenzo Nuvoletta sapeva molto il primo grande pentito della mafia siciliana, Tommaso Buscetta. Al giudice Falcone raccontò dei summit organizzati fin dagli anni Settanta per spartirsi il mercato del contrabbando delle sigarette. Ancor prima, era stato Luciano Liggio a decretare che i Nuvoletta erano amici della Cosa nostra palermitana. Altri pentiti aggiunsero poi che boss del calibro di Michele Greco e Tanino Fidanzati erano di casa a Marano.
Zarcone, Messicati Vitale e Girgenti hanno fatto, dunque, tappa in Campania e si sono spostati a Basilea. Al rientro sono passati, ancora una volta, da Marano. E la cosa diventa ancora più sospetta. In tutto sono rimasti fuori tre giorni. Una volta rimesso piede in Sicilia i telefonini sono tornati a funzionare regolarmente. Senza paura alcuna di essere intercettati. Non a caso le loro intercettazioni sono servite per arrestarli tutti e tre. Zarcone è finito in cella nel dicembre 2011, Girgenti nel maggio 2013. Infine, nell’ottobre scorso, è toccato a Tonino Messicati Vitale che in carcere c’era già stato. Lo avevano scovato mentre trascorreva la latitanza al sole della Thailandia salvo poi venire scarcerati per un vizio procedurale e finire di nuovo in cella quattro mesi fa. Cosa ci facevano tutti a Basilea? Fu davvero una gita di piacere tra amici o c’erano affari in corso da seguire e portare a termine appena fuori dal territorio italiano? In Procura, a Palermo, hanno drizzato le antenne.
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19 Gennaio 2015, 06:15