Brancaccio, il boss di nuovo a casa| Il Coronavirus non c’entra

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14 Maggio 2020, 13:17

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PALERMO – Il Coronavirus non c’entra, è nel merito che il Tribunale del riesame di Palermo ha annullato l’ordinanza del giudice per l’udienza preliminare che aveva riportato in carcere Giacomo Teresi.

Teresi, già condannato per mafia, è stato di nuovo arrestato nel luglio 2019 nel blitz della polizia “Maredolce 2′ che ha colpito il clan di Brancaccio. Al mafioso erano stati concessi nei mesi successivi gli arresti domiciliari per motivi di salute. Il 74enne è cardiopatico e soffre di crisi respiratorie.

Lo scorso febbraio Teresi è stato condannato in primo grado a 12 anni di carcere (leggi il verdetto nome per nome). Un mese dopo, a marzo, il giudice per l’udienza preliminare ha aggravato la misura cautelare nei confronti di Teresi perché, secondo l’accusa, aveva violato in due occasioni il divieto di incontrare altre persone. La prima volta ospitando due soggetti non autorizzati e la seconda soffermandosi all’esterno dell’abitazione con un uomo con precedenti penali.

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Il suo legale, l’avvocato Raffaele Bonsignore, ha sostenuto che si trattasse di due episodi di lieve entità. È vero che ha ospitato due persone in casa, ma erano i suoi nipoti. Nel secondo episodio, avvenuto all’indomani, l’incontro è stato casuale. L’uomo gli ha consegnato la spesa in un momento in cui la moglie non era in casa. Teresi non è uscito all’esterno del cortile di pertinenza della sua abitazione. In ogni caso la persona che ha incontrato ha dichiarato di non avere precedenti penali al legale che lo ha sentito in sede di indagini difensive.

Il 20 aprile scorso il Tribunale del riesame di Palermo ha annullato l’ordinanza e di conseguenza Teresi è tornato agli arresti domiciliari. Il suo nome fa parte della lista dei 376 scarcerati che tanto allarme e polemiche ha suscitato. Una lista che, l’episodio di Teresi lo dimostra, non contiene soltanto i nomi di chi ha ottenuto la detenzione o gli arresti domiciliari per l’emergenza Coronavirus.

Alla luce dell’ultimo decreto del governo, voluto dal ministro della giustizia Alfonso Bonafede, è iniziata una ricognizione affinché si trovino dei posti disponibili ad ospitare i detenuti all’interno di carceri che possono garantire l’assistenza sanitaria. Il primo a lasciare la detenzione domiciliare è stato Nino Sacco, boss di Brancaccio.

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14 Maggio 2020, 13:17

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