Il pizzo chiesto a tavola| Condannati i presunti estorsori - Live Sicilia

Il pizzo chiesto a tavola| Condannati i presunti estorsori

Il ristorante Bucatino

Il furto e la richiesta di denaro per recuperare la merce.

PALERMO – Il pizzo lo chiesero al ristorante. Seduti al tavolo del Bucatino. Regge anche in appello l’accusa per due dei tre imputati. Confermate le condanne di Maurizio De Santis (7 anni), titolare del ristorante assieme al padre, e di Francesco Licandri (5 anni e 4 mesi). Assolto Francesco Centineo (difeso dagli avvocati Maurizio Di Marco e Giuseppe Farina) che in primo grado aveva avuto, pure lui, 5 anni e 4 mesi. Nell’altro processo, quello in corso con il rito ordinario, erano già stati condannati Giovanni De Santis, Umberto Centineo e Francesco Pitarresi.

Il processo si basava sulla ricostruzione dei carabinieri, coordinati dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dai sostituti Caterina Malagoli e Francesca Mazzocco. È nel contesto mafioso di Porta Nuova che affonderebbe le radici l’inchiesta. Nel maggio 2012, Tiziana Carla Binaghi e Aurelio D’Amico (parte civile al processo, assistiti dagli avvocati Valerio D’Antoni e Salvatore Forello, hanno ottenuto una provvisionale per il risarcimento danni), titolari della “2D Logistica srl”, un’impresa di trasporti di Termini Imerese, subiscono il furto di un rimorchio carico di elettrodomestici. Bottino: 168.000 euro. Dal mezzo pesante è sparito pure il sistema satellitare, circostanza che fa venire meno la copertura assicurativa.

I due imprenditori piombano nello sconforto. Una sera sono seduti al tavolo del Bucatino, un locale che frequentano abitualmente, in via principe di Villafranca. E si confidano con i titolari. A quel punto Maurizio De Santis si candida per risolvere la faccenda, vantando la sua vicinanza con la famiglia mafiosa di Palermo Centro. Si dice disposto a recuperare la refurtiva ma chiede, per evitare guai futuri, il pagamento di 15.000 euro a Natale e 1.500 euro al mese a partire da gennaio 2013. Per i carabinieri del Reparto operativo e del Nucleo investigativo si tratterebbe di un’estorsione in piena regola. Anche perché De Santis avrebbe speso il nome di Alessandro D’Ambrogio, allora reggente del mandamento di Porta Nuova.

Gli imprenditori accettano la proposta. E pagano i 15 mila euro in tre rate. Non solo, hanno pure il sospetto che dietro il furto ci sia la mano di due dipendenti. I De Santis, padre e figlio, in compagnia di altre due persone, si presentano nella sede della ditta. Si sarebbe trattato di una spedizione punitiva. I due dipendenti raccontano di essere stati chiusi in una stanza, minacciati e picchiati. Gli avrebbero pure stretto un laccio attorno al collo, facendo intendere di essere pronti a strangolarli.

Le vittime accettano di pagare, ma chiedono una dilazione. A luglio vengono convocati in un bar di Bagheria, dove Giovanni De Santis, aprendo il giubbotto, avrebbe mostrato una pistola. Agli imprenditori viene pure rubata una macchina. Sono sconvolti e decidono di lasciare la Sicilia per un po’. Al rientro ricevono la visita di Umberto Centineo. Quest’ultimo è il padre di Francesco. Dal carcere sarebbe arrivato l’ordine di mettere le cose a posto. A una condizione: assumere Centineo padre e un altro figlio come autisti. Cosa che sarebbe realmente accaduta.

Qualche giorno dopo l’assunzione, Centineo rinnova la richiesta di denaro: i De Santis pretendono 32 mila euro. Gli imprenditori si ribellano e si dicono pronti a denunciare tutto. A quel punto Centineo li convince a seguirlo nella sede di un’impresa di pulizie di Corso dei Mille. Dove ad attenderli trovano Francesco Licandri. Anche da lui arrivano minacce di morte. Gli imprenditori a quel punto svendono un camion e consegnano 30 mila euro. Troppo pochi secondo Licandri. Le due vittime capiscono allora di non avere altra strada che la denuncia.


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