La bufala di Lampedusa | Lettera a una sirena che non c’è

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11 Agosto 2014, 13:42

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Cara e dolcissima sirena,

Non esisti. Ed è dura da digerire. Noi, per la verità, non ci avevamo creduto nemmeno un attimo. Non abbiamo prestato orecchio alle notizie che impazzavano sulla rete, paese dei balocchi, antro degli spaventi, grotta dove abbiamo sepolto i ricordi d’infanzia. Le voci dicevano che tu esistevi, eccome. Che alcuni sommozzatori, alla ricerca dei cadaveri di migranti, avevano trovato una sirena nei fondali di Lampedusa. Una bufala, ovvio. Eppure le bugie hanno occhi sconfinati e naso lungo. Ci raccontano i giorni che viviamo più della verità. Ancora adesso, sirena che non esisti, se tu avessi occhi, se tu esistessi, se tu potessi sentirci, se tu potessi leggerci, vedresti che tanti ti invocano. Che nei commenti dei social, nel grande mare del web, c’è chi non si rassegna all’evidenza. Che c’è chi non vuole che tu sia quello che sei: un manichino, il relitto di un film. E allora, col tuo permesso, dobbiamo chiederci che tipo di mondo sia questo mondo che rincorre come una stella cometa una pinna caudale in sembianze umane.

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Le sirene sono creature controverse. Ulisse le affronta con le orecchie scoperte, legato all’albero della sua nave. Vuole sentirne il canto e, al tempo stesso, evitare che quelle voci marine e sovrumane lo spingano a gettarsi tra le onde, trovando la morte. Ulisse accetta lo strazio della bellezza inappagata, la scommessa di chi ascolta ma non può essere esaudito. E’ proprio la nozione più nobile e radicale della conoscenza e della sensibilità: prestare l’orecchio, sapendo di non potere correre incontro alla voce che chiama, che resterà frammento, coccio e lumicino nel tunnel che conduce alla verità.

Anche noi abitiamo una pericolosa odissea da scontare. Siamo legati all’albero, non per scelta, ma perché questa è l’unica salvezza possibile. Solo che, appunto, non l’abbiamo scelto noi il viaggio, non del tutto. Non abbiamo mai immaginato questa navigazione difficile. Ci siamo dentro. E basta. Legati come siamo, abbiamo sperato nel canto della sirena. Ecco il nostro mondo. Una terraferma di uomini che coltiva sogni impossibili, perché quelli normali sono stati già affondati. Sono annegati con i corpi di altri uomini che, da altri posti, partirono verso la speranza. Sono finiti in fondo al mare, corpi e speranze insieme. In silenzio. Senza nemmeno una voce.

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11 Agosto 2014, 13:42

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