18 Maggio 2022, 11:57
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Se non ci sarà una riforma radicale del sistema di erogazione dei buoni pasto, le imprese della distribuzione commerciale e della ristorazione potrebbero smettere di accettare i ticket.
Un danno per circa 3 milioni di lavoratori pubblici e privati che utilizzano quotidianamente questo strumento per assicurarsi il pasto. A lanciare l’ultimo grido di allarme sono le principali associazioni dei settori interessati, ANCD Conad, ANCC Coop, FIEPeT Confesercenti, Federdistribuzione, FIDA e Fipe Confcommercio, che vogliono “accendere un riflettore sulla degenerazione del sistema dei buoni pasto”, alla vigilia della pubblicazione della gara BP10, indetta dalla centrale unica di acquisto, Consip, e prima di “avviare azioni più drastiche”.
Nel 2019 sono stati emessi 500 milioni di buoni pasto per un valore complessivo di 3,2 miliardi di euro. Il tavolo unitario tra le associazioni di categoria chiede con urgenza “che la prossima gara Consip consenta di ridurre le commissioni a nostro carico che sono a livelli inaccettabili”.
Nel 2019 sono stati emessi 500 milioni di buoni pasto per un valore complessivo di 3,2 miliardi di euro. A beneficiarne sono circa 3 milioni di lavoratori, di cui 1 milione dipendenti pubblici. Dei 500 milioni di buoni pasto, 175 milioni sono acquistati dalle pubbliche amministrazioni, che li hanno messi a disposizione di 1 milione di lavoratori. In totale, ogni giorno i dipendenti pubblici e privati spendono nei bar, nei ristoranti, nei supermercati i e in tutti gli esercizi convenzionati 13 milioni di buoni pasto. Due le priorità per le aziende “la riduzione immediata dei ribassi sul prezzo richiesti in fase di gara alle società emettitrici dei buoni pasto, e la riforma complessiva del sistema, seguendo l’impianto in vigore in altre Paesi, per assicurare il rispetto del valore nominale del ticket ed eliminare le gravose commissioni pagate dagli esercizi presso i quali i buoni pasto vengono utilizzati”. Nel corso delle ultime due gare Consip, 2018 e 2020, denunciano le associazioni, “gli esercenti si sono trovati a pagare commissioni medie del 19,8% (BP8) e del 17,80% (BP9)”. Questo meccanismo finisce per “scaricare il risparmio della pubblica amministrazione sui pubblici esercizi e sulla distribuzione commerciale”. I presidenti delle sigle riunite presso la sede di Fipe-Confcommercio hanno sottoscritto un manifesto nel quale si chiede la riforma del sistema dei buoni pasto. Due i punti fondamentali: “la salvaguardia del valore nominale dei titoli – un buono da 8 euro deve valere 8 euro anche per l’esercente – e la definizione di tempi certi di rimborso da parte delle società emettitrici”.
Per ciascun buono da 8 euro il bar, il negozio alimentare, il bar o il supermercato ne incassa poco più di 6. Per le aziende si tratta di una tassa occulta del 20%. A lanciare l’allarme le principali associazioni dei settori interessati, ANCD Conad, ANCC Coop, FIEPeT Confesercenti, Federdistribuzione, FIDA e Fipe Confcommercio, che sottolineando come “una volta scalati gli oneri di gestione e quelli finanziari si registra un deprezzamento del 30%: ogni 10mila euro di buoni incassati, gli esercizi convenzionati perdono circa 3mila euro”. Per la prossima gara di appalto chiediamo “le revisioni dei criteri di gara”, spiega Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe-Confcommercio, e “non sono accettabili livelli di commissioni sul livello di quelle precedenti”, dal 16% al 19% circa, “perché se queste fossero le condizioni dell’assegnazione è ragionevole pensare che le aziende non saranno nelle condizioni di accettare più i buoni pasto”. Per Stoppani “non c’è solo il problema di sostenibilità economica. ma anche un altro elemento morale: non è accettabile che lo Stato in un momento come questo dell’economia e della crisi dei pubblici esercizi”, in cui le attività stanno cercando di riprendersi e di contenere l’inflazione “ponga una nuova tassa sulla ristorazione, perche così noi la definiamo, con assegnazione di gare di appalto con tassi di commissioni sempre maggiori”.
Quello dei ticket, evidenzia Stoppani, è “un problema vero, grave che non danneggia solo gli esercizi convenzionati, ma anche le prospettive di uno strumento che se ben gestito darebbe un beneficio per i lavoratori” e invece il rischio e’ che queste situazioni “poi diventino patologiche e si arrivi a distorsioni del mercato”. Donatella Prampolini, presidente Fida Confcommercio, si chiede “fino a quando durerà questo ricatto”, e dichiara che è “paradossale che noi offriamo un servizio e poi dobbiamo anche pagarlo, poi c’e’ anche un tema sui tempi dei pagamenti, un tema legato ai costi finanziari che noi comunque sosteniamo. Abbiamo il timore che questi soldi non arrivino, non sappiamo quando arrivano”. Il direttore generale di Fipe-Confcommercio, Roberto Calugi, fa i conti. In una gara Consip, “da circa 1,3 miliardi di euro, se facciamo il conto, quanto e’ il 20%? Sono 260 milioni di euro circa che sono quella tassa occulta che pagano i pubblici esercizi”.
“Abbiamo bisogno di una riforma complessiva, radicale del sistema, non si tratta di dire chiediamo uno sconto”. Lo afferma Alberto Frausin, presidente Federdistribuzione, in occasione del tavolo unitario tra le associazioni di categoria sul tema dei buoni pasto e delle commissioni richieste alle aziende che li accettano, in previsione della prossima gara Consip. “Il meccanismo dell’asta va rivisto concettualmente”, sottolinea Fruasin, che tocca anche il tema finanziario. “Le nostre aziende hanno bisogno di cassa, noi paghiamo i nostri fornitori a 30 giorni e incassiamo a 60 giorni se va bene, altrimenti incassiamo anche dopo. Per ultimo abbiamo anche il ‘bad debt”, cioé se qualcuno fallisce, viene in carico a noi. Non siamo più disposti ad andare avanti con questo gioco”. Per Frausin, “se non viene fatta una riforma, ne va in gioco tutto il sistema nel suo complesso”, sia per le aziende, sia per i lavoratori.
Perché le aziende dovrebbero continuare ad accettare i buoni pasto” “Uno dice perché li accetto? Li accettiamo perché un cliente che é in qualche modo un tuo cliente, viene da te e ti chiede di fare la spesa, e poi magari comprare altre cose, altrimenti quel cliente la farà da un’altra parte”. Lo afferma Marco Pedroni, presidente Coop Italia e ANCC Coop, in occasione del tavolo unitario tra le associazioni di categoria sul tema dei buoni pasto e delle commissioni richieste alle aziende che li accettano. Secondo Pedroni “si innesca una forma di concorrenza sleale, perché un attore fornisce buoni pasto che concettualmente sono moneta, non emessa dallo Stato, ma giustificata dallo Stato, che in questa situazione ha dei margini di guadagno enorme, con un rischio zero”. In sostanza, spiega, “si sta immettendo uno strumento assimilabile alla moneta a un valore nominale che non è reale, ma ha un valore più basso”. E poi avverte: “Se noi pensiamo che questo sistema si possa risolvere con la commissione che passa dal 20% al 10%, certo sarebbe un bel passo, ma non si risolverebbe. Se in Europa ci sono commissioni anche del 5% perché non si può fare anche qua?”. Insomma “se non viene cambiato qualcosa di importante, se non ci fosse altra strada dovremmo praticare quella” di abbandonare i ticket.
“Se esercenti e ristoratori rifiuteranno di accettare i buoni pasto, ‘scatterà una valanga di denunce in tutta Italia per conto dei lavoratori ingiustamente danneggiati, e una class action patrocinata dal Codacons”. Lo afferma l’associazione dei consumatori, in una nota, pronta alla battaglia legale nel caso in cui imprese e grande distribuzione dovessero avviare azioni contro i ticket. “I buoni pasto rappresentano un diritto acquisito dei lavoratori e sono parte integrante dei contratti di lavoro”, spiega il presidente Carlo Rienzi. “Qualsiasi limitazione o impedimento al loro utilizzo costituisce un ingiusto danno a chi ne beneficia, e apre la strada ad azioni risarcitorie contro ristoratori e imprese della distribuzione che rifiuteranno l’accettazione dei ticket”, aggiunge. Il problema delle commissioni “eccessive a carico degli esercenti non può essere scaricato sui cittadini, ma vanno trovate soluzioni condivise che garantiscano l’esercizio dei diritti dei lavoratori”, prosegue Rienzi. “Per tale motivo il Codacons è pronto a scendere in campo a tutela di 3 milioni di dipendenti che beneficiano dei buoni pasto e, se si arriverà allo stop da parte del settore della ristorazione e della Gdo, presenterà una valanga di denunce in tutta Italia e avvierà una formale class action a tutela dei lavoratori danneggiati volta a far ottenere loro il risarcimento dei danni patrimoniali subiti”, conclude Rienzi.
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