08 Giugno 2019, 19:37
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PALERMO– Che poi uno si avvicina anche con un minimo di circospezione. Come saranno ‘sti buzzurri (Miccichè dixit) che votano Lega in Sicilia? Hai visto mai? Esibiranno petti villosi e monili vichinghi? Staranno lì a baciare il rosario continuamente? Da devotissimi figli dell’unico papà padano di tutti noi (Salvini dixit) saranno un po’ fissati con i migranti, con l’Europa Matrigna? Avranno in dotazione una bambolina vodoo a forma di Dombrovskis (Vadis, vicepresidente della Commissione Europea)?
“Ciao”. Un signore con la barba dall’aspetto normale guida il cronista (sempre circospetto) al tavolino del bar del Teatro Massimo. La squadra dei salviniani di Palermo che hanno accettato di raccontarsi, grazie alla mediazione di Igor Gelarda, braccio destro di Stefano Candiani, commissario della Lega in Sicilia, è composta dal citato signore barbuto, da due signore e da un uomo in giacca che si aggiunge a caffè in corso. Bedda matri… In coro scandiscono, con più di un apprezzabile etto di ironia: “Eccoci, i buzzurri siamo noi”. E se la ridono di gusto.
Il signore con la barba si chiama Giovanni Callea, 49 anni, noto sui social per la sua scrittura sempre sorvegliata e problematica. Si occupa di marketing e comunicazione. Racconta: “Io ero vicino ai cinque stelle. Mi piaceva il vento di cambiamento che avevano messo in moto, per la sostituzione di una classe dirigente che considero inadeguata. Poi li ho visti all’opera e sono rimasto un po’ deluso, anche se non mi va di parlare male del Movimento, infatti non è mai accaduto, per una questione di rispetto. Ho visto il governo gialloverde in campo. Mi sono avvicinato alla Lega. Ho sentito parlare la Bongiorno, Giorgetti, lo stesso Siri… Gente seria con i contenuti e con le competenze. Certe cose sul Sud le dico anche io, se il Sud non funziona. Noi siciliani dobbiamo smetterla di piangerci addosso e cominciare a prenderci le nostre responsabilità”.
Uno lo osserva, Giovanni Callea, e pensa che potrebbe starci bene, con quella barba un po’ di sinistra, in una chiacchierata con Zingaretti o in una partita di calcio con Renzi. Che c’azzecca con Matteo Salvini che, quando dipinge le sue esternazioni, non usa certo il pennello sottile? “Il vestito, cioè la comunicazione, mi interessa poco. Bado di più alla sostanza e la sostanza si riassume in questo: il sistema va cambiato”.
Elisabetta Luparello, 26 anni, studia Giurisprudenza con l’idea di diventare avvocato penalista: “Mi piace la politica. Anche io ero grillina, ma ho seguito lo stesso percorso di tanti dal Movimento alla Lega. Tra i grilini non c’è organizzazione, manca la struttura. Io non mi sentivo seguita, non lo ero. Comunque provengo da una famiglia di destra, con valori precisi che ho ritrovato in Salvini. Lo voto perché credo in certe cose”.
La confusione, già immensa sotto il cielo del frullatore politico, aumenta quando Teresa Maltese, funzionaria commerciale di 49 anni, serenamente narra di sé: “Ero del Pd, ai tempi di D’Alema e Occhetto. Vengo da lì, che c’è di strano? Me ne sono andata perché la sinistra non era e non è più la sinistra che conoscevo. Tutti vogliono aiutare qualcuno e parlo ovviamente dei migranti. Ma come dobbiamo aiutarli?. Questo è il tema vero”. E la pacchia, e certe osservazioni in sospetto di scarsa umanità per chi comunque affronta un percorso di disperazione? Teresa non si scompone: “Il problema è globale e va affrontato globalmente. Salvini non vuole l’uno contro uno o la guerra tra poveri. I cosiddetti radical chic sono buonisti a parole, ma nei fatti si dimostrano sterili. Nella Lega ho colto competenza e capacità politica, elementi che credo necessari”.
C’è pure Maurio Plescia, neuropsicologo di 45 anni: “Sono con la Lega da agosto. Ho cominciato a fare politica nelle organizzazioni giovanili del Msi. Sono stato in Alleanza nazionale e me ne sono andato. Per un po’ ho creduto che M5S fosse l’alternativa, in realtà non lo è mai stato”.
La chiosa la riassume Igor Gelarda che non è presente, convocato da un whatsapp spiritico al tavolino del bar: “I siciliani che votano Lega non hanno più fiducia nella vecchia politica e cercano qualcuno che si occupi concretamente della gente”.
Ecco, dunque, alcuni dei puntini da unire e qualcosa apparirà per chi avrà voglia di provarci. Qui, al tavolino del Teatro Massimo ci sono professionisti, militanti, studenti, vite miti e condivise, biografie lineari, parole garbate. Sono arrivati dalla rottamazione di contesti diversi, da una sconfitta, da una battaglia perduta. E qualcuno dovrebbe pensarci e capire cosa davvero è accaduto ai moderati che si sono risvegliati – come suol dirsi – populisti e perché.
Ma sono tutti così affabili i frequentatori dell’identica dottrina? Tutti così civili e cortesi come Giovanni, Elisabetta, Teresa e Mauro? In giro per il web, purtroppo, il refrain è un altro. Su alcune pagine facebook di autoproclamanti salvinisti siciliani i bersagli sono visibili e le parole crepitano cruente. il presidente della Camera, Roberto Fico, campeggia con la qualifica di ‘traditore rosso’, verosimilmente perché ha dedicato la Festa della Repubblica a rom e migranti. I commenti, qui non riproducibili per esteso, esprimono una contrarietà che va oltre la libertà di critica, per usare un eufemismo. Come pure non viene trattato con dolcezza Papa Francesco. Lo stesso Miccichè è ripagato con una moneta che fa apparire il suo ‘buzzurri’ alla stregua di una mal riuscita battuta da cabaret.
Per non parlare dei fregi virtuali degli aficionados che accompagnano il ‘Capitano’ nelle sue scorribande in rete. Qui, siciliani e non, mostrano il lato peggiore del buzzurrume. Alle navi che soccorrono i migranti bisogna sparare. Gad Lerner è… (puntini, puntini). Qualche oppositore del leghismo avanzante conosce l’olio di ricino dell’assalto social. E le reazioni, spesso, le sciabolate di coloro che da sinistra ribattono, fanno a gara per superare l’odio in odio.
E allora ti viene in mente, con un soprassalto di malinconia, che quelle persone disposte a confrontarsi in un vero dialogo, in carne e ossa, al bar sono forse un miraggio, un bicchiere d’acqua fresca nel deserto. Un manifesto di umanità che presto appenderemo da qualche parte al muro incrostato del nostro rimpianto.
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08 Giugno 2019, 19:37