30 Ottobre 2014, 11:33
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PALERMO – Rosa Civiletti era tutta casa e lavoro. Viveva per suo marito e suo figlio. La mattina si alzava all’alba, sistemava il piccolo appartamento di via Giuseppe Mancino 4 e poi si recava a casa delle famiglie per cui si occupava delle faccende domestiche. La 47enne caduta stamattina dal terzo piano di una palazzina all’angolo con via Monfenera, viene descritta così da amici e parenti.
Davanti al portone in cui si sono radunate decine di persone che la conoscevano, ci sono i cugini, le cognate e diversi vicini di casa. Sono tutti sconvolti per quello che è successo: “Una disgrazia, Rosy – così la chiamavano – era una donna buona, perbene. Una persona umile, ma umanamente ricca”.
Agghiacciante il racconto della scena davanti alla quale il marito si è trovato intorno alle 7: “Come ogni giorno anche lui si era alzato presto – dice la cugina della donna, Maria Concetta – e prima di andare al lavoro, è un operaio, era sceso per far fare una passeggiata al cane. Credo sia rimasto fuori dieci minuti, aveva lasciato Rosy sul balcone, stava pulendo le persiane. Al suo ritorno – prosegue – ha trovato la moglie sul marciapiede, qui, a pochi centimetri dal portone. In un primo momento non si era reso conto fosse sua moglie, poi è stato avvolto dal panico”. In quel momento è scattato l’allarme. Rosa Civiletti era sanguinante, non dava segni di vita: quell’impatto l’aveva uccisa sul colpo, come hanno accertato i sanitari del 118. Nessuna speranza di sopravvivere per quel volo dal terzo piano, provocato probabilmente da una perdita di equilibrio:
“Era salita su uno sgabellino per raggiungere i punti più sporchi delle persiane – aggiunge la cognata – e questa tragica fatalità ce l’ha strappata dalle braccia”. E nel frattempo in via Monfenera non si parla d’altro. La lunga via che costeggia via Ernesto Basile oggi rappresenta più che mai un microcosmo in cui tutti conoscono tutti.
Un intero quartiere si è così stretto attorno al marito e al figlio di ventidue anni della donna, che una volta rientrati a casa quando la salma gli è stata riconsegnata, hanno abbracciato il feretro per non allontanarsene neanche un istante. “Erano molto legati a Rosy – racconta Piero Mancuso, un vicino di casa – la famiglia era molto unita. Li conosco da tempo perché abitano qui da ventiquattro anni, praticamente da poco prima che nascesse il figlio. Gente umile, ma rispettosa e dalla grande dignità. Tutta la zona oggi è a lutto, si tratta di una tragedia che colpisce l’intero quartiere. Non ci resta che cercare di stare vicino a questa famiglia, che adesso dovrà affrontare una dura realtà”.
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30 Ottobre 2014, 11:33