PALERMO – Non c’è stato alcun tentativo di depistare le indagini sulle stragi di mafia da parte dell’ex poliziotto Antonio Federico. Il gip ha archiviato l’inchiesta accogliendo la richiesta del procuratore di Caltanissetta, Salvatore De Luca, dell’aggiunto Pasquale Pacifico e del sostituto Nadia Caruso.
Federico, assistito dagli avvocati Vito Galbo e Maurizio Miceli, negli anni Ottanta era sovrintendente in servizio al commissariato di Alcamo. L’iniziale accusa di depistaggio era stata derubricata in false dichiarazioni al pm.
Due vicende intrecciate
Era stato ipotizzato che l’ex poliziotto non avesse voluto raccontare tutto ciò che sapeva sulla fotografia che probabilmente ritraeva Rosa Belotti, la “biondina” indagata con l’accusa di avere partecipato alla strage di via Palestro avvenuta il 27 luglio 1993 a Milano. Federico trovò la fotografia durante le indagini sull’attentato compiuto da Cosa Nostra in una villetta di Alcamo. Era nascosta dentro un libro.
C’era poi la vicenda dell’identità di una fonte confidenziale di cui l’ex poliziotto non fece subito il nome e grazie alla quale aveva compiuto una perquisizione a “due agenti dell’Arma dei carabinieri in servizio ad Alcamo” in possesso di un “cospicuo arsenale illegalmente detenuto”.
La donna del mistero
Fu sempre la “fonte confidenziale Max” a dire a Federico che avrebbe trovato anche “una fotografia di una donna” in collegamento con i servizi segreti. Dalle indagini di Caltanissetta è emerso che la foto ritraeva Belotti che però non è risultata legata ai servizi di sicurezza. Esito negativo ha dato anche la comparazione del Dna della donna con i reperti trovati nei luoghi della strage di Capaci.
I pm individuerebbero il suo informatore in Nunzio Purpura, oggi deceduto e un tempo in forza al Sisde, di cui Federico riferì ai pm di Firenze. Disse di non avere fatto il nome prima per paura e ammise che fu proprio Purpura ad indicargli che avrebbe trovato “una foto all’interno di un libro”.
“Nessun depistaggio”
Secondo i pm nisseni, seppure ci siano dubbi sulla complessiva attendibilità dell’ex poliziotto, specie nella parte in cui viene associata la donna della foto a colei che avrebbe partecipato alla strage, non è emerso alcun intento di depistare le indagini. Altrimenti non avrebbe successivamente svelato ai pm di Firenze l’identità della sua fonte.
“Fine del calvario giudiziario”
Gli avvocati Galbo e Miceli parlano di “fine del calvario giudiziario di un servitore dello Stato”. Il suo inziale silenzio era dovuto “alla tutela dell’incolumità propria e dei propri cari e alla custodia delle proprie fonti”.
Dinanzi alla Procura di Firenze ha però condiviso “il proprio ingombrante sapere. Federico ha cercato, per quanto possibile, di chiarire alcuni aspetti che le autorità vaglieranno ai fini del buon esito delle indagini. Un servitore dello Stato che ha rivelato quanto di sua conoscenza alla procura fiorentina senza indugi e senza sospettare di poter essere indagato per questo, di propria sponte. Adesso Federico è un uomo libero tanto da censure penali quanto dal peso di alcuni segreti su vicende così rilevanti della parte più tragica della storia nazionale”.