Cronaca

Caminetti e monossido di carbonio: ecco le regole da seguire

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30 Dicembre 2024, 16:36

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ROMA – L’avvelenamento del monossido di carbonio è purtroppo un rischio ancora molto comune, soprattutto nelle case che possiedono caminetti e stufe alimentati a pellet o legna, e proprio per questo motivo sono state stabilite norme a livello nazionale per mitigare il pericolo.

Cosa impone la legge italiana

“La legge italiana impone la presenza di prese d’aria, di solito due, che assicura il necessario ricambio d’ossigeno”, dice all’Ansa Matteo Guidotti dell’Istituto di Scienze e Tecnologie Chimiche ‘Giulio Natta’ del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Milano.

“Purtroppo, molti incautamente le chiudono dopo averle installate e dopo aver superato i controlli – afferma il ricercatore – per evitare l’ingresso di aria fredda in casa”. All’origine dell’avvelenamento c’è infatti un processo di combustione incompleta, dove l’apporto di ossigeno non è sufficiente.

Il monossido di carbonio

“Il monossido di carbonio si produce quando c’è un caminetto o una stufa mal governati – commenta Guidotti – con fiamme ormai spente perché non adeguatamente ossigenate”. Il monossido di carbonio, o CO, è una delle sostanze più comuni all’origine dei casi di intossicazione perché è un gas completamente incolore e inodore.

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“Quando si manifestano i primi sintomi spesso è già troppo tardi”, prosegue Guidotti. A seconda della concentrazione, i suoi effetti possono arrivare già dopo pochi minuti. “Il primo sintomo è spesso un forte cerchio alla testa seguito da nausea, perdita di equilibrio, intorpidimento e sonnolenza”, osserva l’esperto. Questo spiega perché le vittime spesso non si rendono neanche conto di quello che sta accadendo. Una volta respirato, il CO si lega all’emoglobina del sangue con una affinità molto superiore all’ossigeno, ma non solo.

“Si lega anche a tutti gli enzimi contenenti ferro e quindi blocca le reazioni fondamentali che avvengono nei mitocondri, le centrali energetiche della cellula”.

Il trattamento

Si tratta dunque di una forma di avanzamento sistemico. L’esperto osserva che “non ci sono antidoti, nei casi gravi l’unico trattamento possibile è la camera iperbarica per cercare di sostituire il CO presente nel corpo con grandi quantità di ossigeno”.

Alla camera iperbarica è stato infatti sottoposto uno dei quattro turisti tedeschi, una donna 34enne in gravi condizioni sorella del 36enne deceduto, che sono rimasti vittima dell’avvelenamento in Sicilia. 

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30 Dicembre 2024, 16:36

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