“Il carcere può ancora rieducarlo” | Perché Dell’Utri resta in cella

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11 Dicembre 2017, 12:20

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PALERMO – Marcello Dell’Utri può ancora essere rieducato in carcere. È malato, ma non in maniera così grave da interrompere il percorso di rieducazione. Lo sostengono i giudici del Tribunale di sorveglianza di Roma che hanno respinto nei giorni scorsi la richiesta di sospensione della pena presentata dai legali dell’ex senatore che sta scontando una pena a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa.

Una rieducazione possibile, dunque, anche in presenza di una condizione sanitaria difficile, ma ritenuta compatibile con la detenzione. Dell’Utri oggi ha 76 anni e presenta diverse patologie. Le più gravi su cui c’è stato uno scontro fra i periti del Tribunale e quelli della Procura generale sono la cardiopatia ischemica e l’adenocarcinoma prostatico. Dell’Utri è tornato a Rebibbia, dopo una parentesi nel centro clinico penitenziario di Parma.

I periti del Tribunale sostengono che non emergono “criticità o urgenze tali da rendere necessario il ricorso a cure o trattamenti non attuabili in regime di detenzione ordinaria”. Anche la radioterapia, scelta da Dell’Utri per affrontare la neoplasia alla prostata, si può svolgere “in costanza di detenzione”, rivolgendosi ad un centro clinico carcerario.

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Alla richiesta di sospensione pena si era opposto il procuratore generale, Pietro Giordano che ha fatto sua la perizia del Tribunale e non quella degli stessi consulenti della Procura generale che si erano espressi per la incompatibilità. Lo stress della forzata permanenza in carcere e la promiscuità sono stati ritenute “criticità comuni a gran parte della popolazione detenuta in quanto insite nello status di detenuto”. Stessa cosa per le ripercussioni psicologiche che Dell’Utri potrebbe subire una volta appresa la notizia dell’insorgere di una neoplasia. Secondo il Tribunale, i contraccolpi psicologici “non sono tali da incidere sulle malattie organiche accertate”.

Da qui la conclusione: “Ciò comporta, anche tenuto conto dell’età del condannato, le cui capacità intellettive sono perfettamente integre e le cui condizioni generali di salute sono buone che, per un presenza del descritto quadro diagnostico, la pena può assumere il carattere rieducativo, non prestandosi giudizi di contrarietà al senso di umanità da più parti paventato, in quanto il quadro patologico non appare costituire sofferenza aggiuntiva, derivante proprio dalla privazione dello stato di libertà”. Dell’Utri, dunque, in carcere può essere curato e proseguire il percorso per diventare un uomo migliore, pagando per le sue colpe.

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11 Dicembre 2017, 12:20

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