19 Giugno 2017, 05:50
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PALERMO – Una “voce amica”. Serve una “voce amica” per i nuovi detenuti. Li conforta e li aiuta a reggere il peso dei primi giorni di carcere. Probabilmente evita anche che si pentano. Non sempre la missione va in porto.
Nel 2007, subito dopo il blitz della Squadra mobile a Giardinello, al carcere di Milano Opera arrivarono Salvatore e Sandro Lo Piccolo, Andrea Adamo e Gaspare Pulizzi. Nel penitenziario allora c’era pure Giuseppe Graviano, che poi sarebbe stato trasferito ad Ascoli Piceno dove è finito sotto intercettazione per di più anno.
Dalle trascrizioni dei suoi dialoghi emerge la solidarietà fra boss. Il capomafia di Brancaccio racconta, infatti, al suo compagno di passeggiate Umberto Adinolfi – annotano gli investigatori della Dia – che “non appena i nuovi detenuti arrivarono nel carcere di Opera riconobbe subito la voce di Andrea Adamo, persona che lui conosceva bene, in quanto genero del suo padrino Giuseppe Savoca e abitava nel suo stesso quartiere”.
Graviano lo chiamava per nome. “Andrea, Andrea”, diceva, ma Adamo non rispondeva. Era solo prudenza. Nei giorni successivi, durante l’ora d’aria, Graviano chiamò di nuovo Adamo, sfruttando il fatto che il cortile per le passeggiate fosse adiacente alla cella del nuovo arrivato. Adamo, ancora prudente, chiese al boss di Brancaccio, che rispose senza esitazione, la data di nascita del figlio.
A quel punto Adamo si scusò per non avergli risposto nei giorni precedenti. Il capomafia provò a tranquillizzarlo. In quel carcere non ci sarebbe rimasto più di dieci anni ed era pronto a scommettere un orologio di marca.
Ai nuovi detenuti all’inizio non veniva consentito di guardare la televisione. Graviano rimediava alzando il volume della radio che trasmetteva “il gazzettino” affinché ascoltassero le notizie che li riguardavano. E quando seppe che Gaspare Pulizzi si era pentito fece circolare la notizia piazzando la radio alla finestra.
I primi giorni di detenzione trascorsero e per quella solidarietà Graviano fu ringraziato da Adamo, ma anche da Sandro Lo Piccolo, che in carcere ci dovrà restare per sempre come il padre Salvatore, entrambi condannati all’ergastolo. Nessuno dei due boss di San Lorenzo ha mostrato segni di cedimento. Per il suo comportamento Graviano incassava i complimenti di Adinolfi perché “talvolta la semplice voce amica risulta essere un sostegno importante”.
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19 Giugno 2017, 05:50