Cronaca

Carcere per i reati ambientali: pugno duro per i pubblici amministratori

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04 Marzo 2024, 15:13

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Pene più alte e nuovi rati per difendere e proteggere l’ambiente. Lo ha deciso l’Europa e gli stati nazionali dovranno adeguarsi nel giro di due anni.

È questo il leit motiv della decisione del Parlamento di Strasburgo che il 27 febbraio scorso ha approvato in via definitiva la nuova direttiva, in sostituzione della direttiva 2008/98/Ce, che contiene le nuove misure e le nuove sanzioni per contrastare la criminalità ambientale.

Alcune primissime riflessioni su un testo di rilevante importanza, destinato ad influenzare il dibattito sulla giustizia penale ed il suo utilizzo nelle moderne società. La premessa del legislatore europeo è che l’ambiente è minacciato da una criminalità ambientale particolarmente rilevante che costituisce la quarta attività criminale nel mondo, dopo il traffico di droga, di armi e di esseri umani.

Relativamente alle indagini, per contrastare un crimine così pericoloso gli Stati dovranno, con apposite norme processuali, sostenere e proteggere i soggetti che denunceranno i crimini ambientali, definiti per la prima volta “ecocidi”, e dovranno coordinare le attività investigative disciplinando efficaci forme di collaborazione tra Europol, Eurojust e Olaf. Il relatore per il Parlamento europeo Antonius Manders (PPE, NL) ha, infatti, dichiarato: “È giunto il momento che la lotta alla criminalità transfrontaliera assuma una dimensione europea, con sanzioni armonizzate e dissuasive che impediscano nuovi reati ambientali”.
Ma credo che più di rilievo siano le parti della direttiva dedicate al diritto penale sostanziale per le ricadute che certamente avranno nel nostro ordinamento nazionale.

Vengono previste nuove figure di reato. Visto che siamo in Sicilia è il caso di sottolineare, a titolo d’esempio, che sarà considerato “ecocidio” l’incendio boschivo su larga scala. Allo stesso modo sarà trattata ogni condotta che comporti la produzione, l’immissione sul mercato, l’importazione, l’esportazione, l’uso, l’emissione o il rilascio di sostanze che riducono lo strato di ozono, e di gas fluorurati a effetto serra.

Ed ancora di maggiore interesse è la previsione della punizione che riguarda l’uccisione, la distruzione, il prelievo, il possesso, la commercializzazione di uno o più esemplari delle specie animali.
In tutti questi casi, a cominciare dagli incendi dei boschi, si ripete, le pene che ogni nazione dovrà stabilire dovranno essere particolarmente elevate, fino ad otto anni di reclusione e dovranno essere ulteriormente aggravate (fino a dieci anni di reclusione) se dalle condotte derivano la morte o lesioni personali gravi.

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Affinché le sanzioni siano efficaci, i colpevoli saranno tenuti a ripristinare l’ambiente che hanno distrutto e a risarcire i danni. Se responsabili saranno le aziende, colpevoli saranno ritenuti i componenti del consiglio di amministrazione e le aziende potranno subire ammende fino al 5% del loro fatturato mondiale o fino a 40 milioni di euro.

Di particolare rilievo è, a mio avviso, un’ulteriore caratteristica che l’intervento a tutela dell’ambiente dovrà avere: condotta delittuosa di identica gravità è anche l’omessa adozione dei provvedimenti a tutela dell’ambiente. Ecco il punto di rilievo: “L’inosservanza di un obbligo di agire può avere gli stessi effetti negativi sull’ambiente e sulla salute umana di una condotta attiva. Pertanto, la definizione di reati a norma della presente direttiva dovrebbe comprendere sia le azioni che le omissioni, ove applicabile”.

Di “ecocidio” potrà rispondere anche chi omette di adottare le iniziative per proteggere, per esempio, i boschi e, più in generale, l’ambiente. Continua la direttiva affermando che “in particolare, la condotta illecita che provoca il decesso o lesioni gravi alle persone, danni rilevanti o un rischio considerevole di danni rilevanti all’ambiente o che è considerata altrimenti particolarmente dannosa per l’ambiente dovrebbe costituire anch’essa reato se commessa quanto meno per grave negligenza. Gli Stati membri possono adottare o mantenere in vigore norme più rigorose in materia di diritto penale”.

È stato chiaro il relatore per il Parlamento europeo Antonius Manderes: “Qualsiasi dirigente d’impresa responsabile di provocare inquinamento, infatti, potrà essere chiamato a rispondere delle sue azioni, al pari dell’impresa. Con l’introduzione del dovere di diligenza, poi, non ci sarà modo di nascondersi dietro a permessi o espedienti legislativi.”

Ovviamente nel nostro ordinamento ai dirigenti d’impresa sono equiparati, ai fini della responsabilità penale, i pubblici amministratori. Insomma, l’ambiente è bene primario che dobbiamo trasmettere alle generazioni future. Per l’Europa non potrà più essere un bene oggetto di commercio (“chi inquina paga”), ma l’ambiente dovrà essere protetto perché bene insostituibile in sé: chi danneggia l’ambiente va in galera (e paga pure) e “non ci sarà modo di nascondersi dietro a permessi o espedienti legislativi.”

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04 Marzo 2024, 15:13

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