26 Ottobre 2023, 12:31
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PALERMO – Carmelo Canale “denuncia” lo Stato italiano e la Corte europea dei diritti dell’uomo chiede chiarimenti al governo. L’ex tenente dei carabinieri ha presentato un ricorso nel 2019, con l’assistenza dell’avvocato palermitano Stefano Giordano. Ritiene che siano stati violati alcuni principi dell’equo processo. In particolare, quello sulla presunzione di innocenza nell’ambito di una vicenda collegata all’omicidio di Peppino Impastato, militante di Democrazia proletaria assassinato a Cinisi il 9 maggio del 1978. Canale, uno dei più fidati collaboratori di Paolo Borsellino, fu anche processato e assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Cadde l’onta che avesse tradito il magistrato.
Dal 2012 al 2018 Canale è rimasto sotto inchiesta della Procura della Repubblica di Palermo per il reato di falso ideologico in atto pubblico. Secondo l’accusa, Canale (in servizio al Reparto operativo del Gruppo di Palermo, all’epoca dei fatti diretto dal maggiore Antonio Subranni) avrebbe commesso il falso redigendo e sottoscrivendo assieme ad altri due colleghi il verbale di perquisizione e sequestro eseguiti il giorno del delitto a casa di Fara Bartalotta, zia di Impastato.
Diede atto di avere rinvenuto sei lettere e un manoscritto in cui Impastato preannunciava la sua volontà suicida, mentre avrebbe nascosto di avere “informalmente asportato altra copiosa documentazione, non inserita nel fascicolo processuale”. Della circostanza aveva parlato il fratello della vittima, Giovanni. A tirare in ballo, dopo oltre 30 anni, il nome dell’ex capo del Ros Subranni nella vicenda Impastato era stato il pentito Francesco Di Carlo che raccontò ai magistrati che furono Nino e Ignazio Salvo, imprenditori mafiosi di Salemi a rivolgersi a Subranni per fare chiudere l’indagine sulla morte di Impastato, assassinato su ordine del capomafia Gaetano Badalamenti.
Nel novembre 2012 il pubblico mistero formulò una prima richiesta di archiviazione del procedimento per prescrizione. Venivano però espressi “pesanti apprezzamenti circa la responsabilità dell’indagato”. Il giudice per le indagini preliminari rigettò la richiesta e ordinò nuove indagini tenendo conto del fatto che Canale avesse rinunciato alla prescrizione. Ha sempre proclamato la sua innocenza e voleva essere prosciolto nel merito affinché non restasse alcuna ombra.
Nel 2016 arrivò la seconda richiesta di archiviazione. Due anni dopo il Gip chiuse il caso per prescrizione, censurando il comportamento di Canale. Come dire: il carabiniere era colpevole, ma era passato troppo tempo per processarlo. Secondo l’avvocato Giordano, nel provvedimento veniva usate parole che “tratteggiavano inequivocabilmente una sua responsabilità penale, sebbene non giudizialmente accertata. Così da lasciar aleggiare, sulla persona di Carmelo Canale, l’ombra della colpevolezza e una reputazione irreparabilmente macchiata da meri sospetti“.
Il carabiniere si è rivolto alla Cedu, lamentando che il decreto di archiviazione e le due richieste che lo
hanno preceduto avessero sancito di fatto una presunzione di colpevolezza violando ogni regola e norma. Ed ancora che l’impossibilità di rinunciare alla prescrizione dell’indagato fosse discriminatoria visto che solo l’imputato ne ha facoltà.
Il ricorso di Carmelo Canale è stato comunicato dalla Corte europea al governo italiano, con la richiesta di fornire per iscritto le proprie osservazioni sulle questioni poste dalla Corte stessa. Ecco i punti da chiarire: se, nei provvedimenti giudiziari che hanno dichiarato la prescrizione del reato, la descrizione delle risultanze investigative fosse strettamente necessaria e fino a che punto, allo scopo di dichiarare estinto il reato per prescrizione; la circostanza che i giudici italiani non abbiano preso in considerazione la rinuncia alla prescrizione da parte di Canale; se il carabiniere abbia avuto la possibilità di esercitare il diritto di difesa rispetto alle accuse a suo carico e se abbia avuto a disposizione un ricorso interno effettivo per denunciare l’eventuale violazione della presunzione di innocenza nei suoi confronti.
Dopo che il governo risponderà la parola passerà all’avvocato Giordano (è lo stesso legale che ha ottenuto il risarcimento dei danni per l’ingiusta detenzione di Bruno Contrada). Infine la decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo. “La nitidezza con cui la Corte ha individuato le specifiche questioni implicate dalle doglianze sollevate nel ricorso – commenta il legale – evidenzia criticità non solo relative al singolo caso concreto, ma altresì attinenti a generali disfunzioni del sistema; sulle quali l’eventuale, quanto auspicato accoglimento del ricorso avrebbe un impatto di grande rilevanza. Attendiamo con serenità. Continueremo le nostre battaglie per denunciare le violazioni pressoché sistematiche del diritto dei cittadini a un giusto processo”.
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26 Ottobre 2023, 12:31